mercoledì 12 marzo 2014

LIBRETTI DORMIENTI: RECUPERATI OLTRE 2.000 EURO DAL FONDO

Secondo le fonti del Ministero tanti ancora i "libretti dormienti" ovvero i libretti non movimentati da oltre 10 anni per i quali è possibile procedere all'istanza di rimborso.
Invitiamo tutti i controllare nei vecchi mobili della nonna perché molto spesso possono racchiudere dei veri e propri tesori.
Così come è successo alla nostra tesserata, la Sig.ra Fortunata (ndf) che all'incirca 10 mesi ha ha trovato un libretto dormiente dei genitori.
Ha ricevuto conferma dell'accoglimento della domanda e la somma di oltre 2.000 euro 
Non male in questo periodo di necessità economica.

Non impigritevi nella poltrona... iniziate la Vostra caccia al tesoro... un in bocca al lupo perchè sia per Voi fruttifera e se avete bisogno si una mano per il recupero contattate la nostra associazione

A.E.C.I. FELTRE
feltre@euroconsumatori.eu - fax 0439 1998108
mobile 347 74 21 260 (riceviamo solamente su appuntamento)

sabato 1 marzo 2014

Tassi da usura sui prestiti le banche dovranno rimborsarli

E' una sentenza importante che può far tirare un po' di fiato a chi si trova ogni mese "strozzato" dalle rate dei prestiti accesi con la cessione del quinto dello stipendio o della pensione: in molti casi, antecedenti al 2009, le finanziarie hanno infatti applicato tassi che secondo i giudici torinesi sono da considerare "da usura", in quanto non erano calcolati anche i costi delle polizze assicurative. La battaglia di un pensionato piemontese che aveva fatto causa a Prestitalia S.p.A lamentando proprio l'eccessivo tasso applicato, può dunque ora avere ripercussioni su migliaia di prestiti accessi negli anni passati: i giudici della Corte d'Appello hanno infatti condannato la finanziaria a restituirgli quanto corrisposto per interessi, spese e commissioni, depurando le rate successive di questi costi. 

Il pensionato ottantenne, originario del Cuneese, aveva un precedente debito e per estinguerlo aveva deciso di accendere un nuovo finanziamento con la cessione di un quinto della sua pensione. Ma anziché ricevere i 10 mila euro "promessi", alla fine del 2008, aveva ricevuto un bonifico di soli 1.850 euro, dietro l'obbligo di corrispondere una rata mensile di 167 euro per 10 anni con un tasso annuo effettivo globale (TAEG) pari al 22,03 per cento. Dopo essersi rivolto al movimento consumatori, aveva così scoperto che non gli era stato detto che ben 5112 euro del suo finanziamento sarebbero stati destinati al premio per l'assicurazione sulla vita. Raffrontando poi i tassi, i legali del movimento avevano notato che erano davvero eccessivi. Così era partita la causa. 

I giudici non hanno accolto la tesi difensiva della finanziaria che aveva sostenuto che tali costi non potessero essere considerati per la valutazione del rispetto delle soglie d'usura in quanto fino al 2010 non erano compresi nella rilevazione del tasso medio rilevato dalla Banca d'Italia. "Le difese delle controparti si fondavano sul presupposto che nella rilevazione del tasso soglia si dovrebbe prendere in considerazione il TEG o il TAEG netto dal quale sono esclusi alcuni oneri quali quello inerente ai costi di assicurazione del credito" hanno spiegato dal Movimento consumatori. 

"Si tratta di una sentenza fondamentale in materia di usura bancaria e di un successo storico, a tutela di tutti coloro che hanno acceso questa tipologia di prestiti personali che di solito vengono sottoscritti dalle fasce più deboli e indebitate della popolazione: stimiamo che in almeno un terzo dei contratti conclusi prima del 2009 sia stata superata la soglia d'usura" ha spiegato Paolo Fiorio coordinatore dell'Osservatorio Credito e Risparmio del Movimento Consumatori. 

Secondo quanto disposto
dai giudici per tutti questi contratti, qualora vengano impugnati, le finanziarie debbono restituire al proprio cliente tutti i costi, e il prestito deve diventare "gratuito", senza cioè più alcun tasso applicato, riducendo così la rata originariamente pattuita.

(articolo pubblicato su Repubblica Torino)

Segnalazione alla Centrale rischi: illegittima per un semplice sconfinamento

Il correntista in rosso può far cancellare la segnalazione – fatta a suo danno dalla banca – all’interno della Centrale Rischi della Banca d’Italia qualora l’iscrizione sia avvenuta per un semplice sconfinamento nel conto corrente con affidamento (cosiddetta “apertura di credito”).
Il solo inadempimento del cliente, infatti, non consente all’istituto di credito di ritenere sussistente uno stato di incapacità tale da poter fare la segnalazione nella “black list”. Ed è, infatti, solo tale “stato di incapacità” a costituire, per legge, il presupposto per la segnalazione alla Centrale rischi.

A dirlo è un’ordinanza emessa dal tribunale di Rovigo [1].
In tali casi, la banca compie un illecito in quanto pone in essere una indebita attività in assenza dei requisiti: una segnalazione effettuata in barba alla regole indicate dalla stessa Vigilanza.

La circolare illustrativa di Bankitalia raccomanda, infatti, agli istituti di credito di far scattare la segnalazione soltanto dinanzi a elementi oggettivi che consentano di ritenere il cliente incapace di far fronte alla passività maturata.

Il tribunale di Rovigo precisa addirittura che la segnalazione è illegittima anche se lo sconfinamento del correntista è stato progressivo e, nonostante sia passato un anno dalla diffida della banca, il rientro non sia completamente avvenuto. A favore del cliente, però, giova il fatto che quest’ultimo si dimostri attivo e volenteroso nell’intenzione di rientrare dallo scoperto, proponendo per esempio un piano di rientro.

In tali casi, il correntista può ottenere la cancellazione dalla centrare rischi proponendo un ricorso in via d’urgenza (cosiddetto “ricorso ex articolo 700”), ricorso che il giudice dovrà accogliere.

[1] Trib. Rovigo, giudice dott. Mauro Martinelli, pubblicata su cassazione.net.

(articolo di Redazione pubblicato su www.laleggepertutti.it)

Canoni di affitto dovuti finché le chiavi dell’immobile non vengono riconsegnate

Il conduttore dell’appartamento deve pagare i canoni di locazione al padrone di casa fino al giorno in cui non gli ha riconsegnato le chiavi. E ciò anche se egli ha già abbandonato l’immobile da tempo e gliene ha dato previa comunicazione per telefono, verbalmente o per lettera.

Non rileva neanche il fatto che l’appartamento sia divenuto fatiscente e non più vivibile o che sia crollato, per esempio, il tetto. Ciò che conta, infatti, è solo che l’inquilino non abbia riconsegnato le chiavi dell’immobile al locatore, formalizzando così la sua uscita dai locali.

È quanto emerge da una sentenza della Cassazione pubblicata questa mattina [1].

Sebbene sia evidente che, di fronte a un immobile divenuto ormai inutilizzabile per l’inquilino, è impossibile pensare che lo stesso vi continui ad abitare, in realtà la giurisprudenza della Suprema Corte ritiene da tempo che il conduttore non può esimersi dal pagare (o decidere di autoridursi) il canone qualora si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene (e ciò anche se l’evento pregiudizievole sia riconducibile al fatto del locatore).

In parole molto semplici, ciò significa che se l’immobile locato presenti dei difetti strutturali che ne impediscano o riducano la vivibilità (per es.: macchie di umidità, infiltrazioni, crollo di tegole, ecc.) non per questo il locatario può decidere, di sua spontanea volontà, di non pagare il canone o di diminuirne l’importo. Le due prestazioni, infatti (da un lato quella del pagamento del canone e, dall’altro, quella dell’obbligo di rendere abitabile l’appartamento) restano del tutto indipendenti.

Dunque il locatario non può compensare, con il proprio debito per i canoni di locazione arretrati, l’eventuale proprio credito per spese da lui anticipate a seguito di lavori straordinari.

In definitiva, non basta comunicare al locatore l’eventuale abbandono dell’immobile per esimersi dal pagare i canoni: il conduttore deve anche riconsegnare le chiavi dell’appartamento, altrimenti si considera ancora formalmente nella disponibilità del bene.

[1] Cass. sent. n. 4563/14 del 26.02.14.

[articolo tratto da www.laleggepertutti.it]