venerdì 10 ottobre 2014

DISAVVENTURE IN MATERIA DI TELECOMUNICAZIONI

Capita ancora troppo spesso di incontrare dei consumatori che lamentano dei disservizi da parte di compagnie di telecomunicazioni: mancata portabilità, mancata attivazione (o disattivazione) dei servizi richiesti, disattivazione non preannunciata della linea telefonica, mancata comunicazione di utilizzo anomalo della linea…

Troppi ancora i casi in cui l’utente che si vede recapitare fatture con cifre esorbitanti si sente ripetere dal call center “prima deve pagare e solo poi contestare. E ancora troppi i casi in cui, con contestazione documentata, si verifica la sospensione della linea telefonica, magari di utenze business.

Il primo consiglio è: aprite sempre un RECLAMO SCRITTO e non una segnalazione…

E se non riuscite a vedere soddisfatti i Vostri diritti e magari nemmeno riuscite a risolvere il disservizio contattateci: lo staff della nostra associazione può darvi assistenza ed adeguata consulenza.

Vi ricordate di Davide… lui ha appena incassato i 10mila euro di indennizzo… ed a voi potrebbe succedere la stessa cosa.


PRODOTTI IN USURA E TUTELA DEL CONSUMATORE / UTENTE

Q 

uello appena trascorso è stato un mese importante per la nostra associazione. Abbiamo avuto modo di incontrare molti utenti bancari che avevano sottoscritto dei contratti di finanziamento e mutui che non rispettano la normativa antiusura.

I consulenti e le società che collaborano con il nostro staff hanno avuto modo di incontrare e visionare la documentazione di una moltitudine di utenti bancari: mutui, conto correnti, leasing, finanziamenti chirografari e cessioni del quinto.

Per alcuni di loro la soddisfazione di sentirsi dire che il prodotto era adeguato, per altri la sorpresa, purtroppo amata, di constatare che il loro rapporto non ha rispettato la normativa ed è viziato da usurarietà del credito.

Le storie dei nostri tesserati sono veramente molteplici.

Di alcuni di loro avete letto la storia nei quotidiani locali del quest’ultimo periodo; di altri non abbiamo ancora parlato. Ci sono pensionati, lavoratori e lavoratrici che si trovano imbrigliati in contratti di finanziamento estinguibili con cessione del quinto in usura; piccoli artigiani e piccoli imprenditori ai quali sono stati concessi degli affidamenti che sin dal momento della concessione profumavano di usura; sposi novelli che hanno acquistato la loro prima casa e che hanno scoperto che il loro contratto non rispetta le normative antiusura…

C’è anche Pino, commerciante, che ha intrattenuto rapporti di varia natura con un istituto bancario per oltre un trentennio e che ora, con l’aiuto della nostra associazione e dei consulenti che con noi collaborano, sta lavorando per tutelare i propri diritti e vedersi restituire quanto in trent’anni ha versato anche a suon di garanzia reali e fidejussioni rilasciate per cercare di garantire la liquidità alla normale attività.

C’è anche Rebecca, ex commerciante ora alla ricerca di una collocazione, che per rientrare dei propri fidi ha dovuto chiedere al marito (che lavora con un contratto a tempo determinato) ed alla madre (che vive di un misero reddito da pensione) di avventurarsi in un mutuo fondiario per coprire un affidamento in cui la normativa antiusura non era rispettata.

C’è Denny che ha sottoscritto il leasing per un capannone industriale ed al quale è stata riscontrata un’usura a cinque zeri non decimali.

I costi praticati della vostra banca sono corretti? Per saperlo rivolgetevi alla nostra associazione.

Ricordiamo che l'usura è il reato che commette chi si fa dare o promettere quale corrispettivo di una prestazione di denaro interessi o altri vantaggi usurari, quindi sproporzionati e superiori ai limiti di legge.

L’usura è un fenomeno che in molti casi non riguarda solo la criminalità organizzata

giovedì 9 ottobre 2014

CESSIONI DEL QUINTO - NUOVI SUCCESSI - RESTITUITI 7.000 EURO

Nuovi successi per due nostri tesserati che hanno ottenuto il lodo favorevole dopo che la finanziaria aveva tenacemente negato loro il diritto alla restituzione di 7.000 euro.

La loro storia è come quella già raccontata per tanti altri: dopo aver estinto la cessione del quinto hanno fatto valutare l'operazione di finanziamento e la sua estinzione.
I consulenti e lo staff della nostra associazione hanno riscontrato delle irregolarità, in questi casi, nella fase di estinzione derivanti dalla mancata restituzione di costi sostenuti al momento della stipula del contratto di finanziamento.
Ora con grande soddisfazione hanno consegnato nelle mani del tesserato l'ennesima vittoria.

Se avete estinto una cessione ed una delegazione contattate la nostra associazione. Saremo lieti di combattere al Vostro fianco per far valere tutti i vostri diritti e ricevere le somme che sono di vostra spettanza.

A.E.C.I. FELTRE | ASS. EUROPEA CONSUMATORI INDIPENDENTI FELTRE
Via Boscariz n. 3b - 32032 FELTRE (Belluno)
fisso 0439 300030 - mobile 347 74 21 260 - fax 0439 19984108
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mercoledì 1 ottobre 2014

Contributo di solidarietà all’Inps: prelievo forzoso dalle buste paga

Squilli di trombe per gli 80 euro in busta paga, ma la totale sordina per il contributo di solidarietà che, a differenza dei primi, andrà a ridurre le buste paga degli italiani. Sì, perché da questo mese di settembre diviene efficace una previsione contenuta nella legge Fornero [1] che istituisce il cosiddetto “contributo di solidarietà”: un prelievo forzoso che verrà effettuato sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e andrà a confluire in un fondo dell’Inps. Questo fondo (detto Fondo Residuale) servirà ad assicurare ai lavoratori dipendenti di imprese operanti in settori non coperti da cassa integrazione salariale (nelle imprese con oltre 15 dipendenti), una tutela nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa.

Insomma, buste paga più leggere. E tutto questo in completo silenzio informativo.

A confermare l’operatività della nuova normativa è stata, qualche giorno fa, una apposita circolare dell’Inps [2] che, per chi voglia approfondire, è scaricabile da questo link: “Circolare Inps n. 100 del 2.09.2014”.

Vediamo allora meglio di cosa si tratta e quanto peserà sulle tasche degli italiani.
In pratica per le aziende che non sono coperte dalla cassa integrazione (come ad esempio quelle commerciali fino a 50 dipendenti) arriverà uno strumento di tutela in caso di sospensione dell’attività lavorativa. Tale tutela però avrà un limite temporale più breve rispetto a quello della cig: solo tre mesi (prorogabili in via eccezionale fino a 9).

Quanto peserà il contributo e chi lo pagherà
Il contributo al fondo residuale sarà dovuto in parte dai lavoratori (i quali vedranno solo un voce negativa sul cedolino paga) e in parte dai datori. In particolare, la somma sarà così divisa:
a) un contributo ordinario dello 0,50% della retribuzione mensile imponibile ai fini
previdenziali dei lavoratori dipendenti (esclusi i dirigenti), di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico del lavoratore;
Per esempio: su una retribuzione di 1.000 euro mensili, il contributo sarà di 5 euro. Di questi 5 euro, il lavoratore pagherà 1,65 euro mentre il residuo sarà a carico dell’azienda.

b) un contributo addizionale totalmente a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse nella misura del 3% per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti e del 4,50% per le imprese che occupano più di 50 dipendenti.

Al Fondo residuale contribuiscono solo le imprese che impiegano mediamente più di quindici dipendenti (compresi i part-time e i lavoratori intermittenti, conteggiati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno).

Chi beneficerà del fondo?
Ai lavoratori dipendenti, esclusi i dirigenti, dalle imprese rientranti nel proprio campo di applicazione, che siano interessati da riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, il Fondo riconosce un assegno ordinario, in relazione alle medesime causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, con esclusione della cessazione, anche parziale di attività.

La prestazione può essere riconosciuta esclusivamente ai lavoratori dipendenti di imprese che abbiano occupato mediamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la data di inizio delle sospensioni o delle riduzioni dell’orario di lavoro.

A quanto ammonta l’assegno
La misura dell’assegno ordinario è pari all’integrazione salariale, ridotta di un importo pari ai contributi previsti dall’articolo 26 della Legge 28 febbraio 1986, n. 41, con l’applicazione dei massimali previsti dalla cassa integrazione guadagni ordinaria. Tale riduzione rimane nelle disponibilità del Fondo.

Agli interventi e ai trattamenti previsti dal Fondo nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria.

Ciascun intervento è corrisposto fino a un periodo massimo di tre mesi continuativi, prorogabili trimestralmente, in via eccezionale, fino a un massimo complessivo di nove mesi, da computarsi in un biennio mobile.

(Art. dell'Avv.to GRECO Angelo su www.laleggepertutti.it)

DIVORZIARE ALL'UFFICIO ANAGRAFE O DALL'AVVOCATO. COME SI FA

Vuoi separarti senza spendere troppi soldi o attendere tempi biblici a causa delle lunghe pratiche in tribunale? 
La recentissima riforma della giustizia [1] ha letteralmente rivoluzionato questa procedura, consentendo divorzi e separazioni “fai da te”. Da oggi, infatti, in alternativa al “classico” ricorso in tribunale, esistono due nuovi strumenti che ti consentiranno di gestire in piena autonomia e, soprattutto, rapidità di tempi la separazione o il divorzio: o firmando un accordo allo studio di un avvocato, oppure recandoti in Comune, dall’ufficiale di stato civile il quale provvederà a tutto.

In entrambi i casi, come puoi vedere, non dovrai fare una causa e potrai controllare tutta la procedura in prima persona.

E se sono già separato o divorziato?
Non fa niente. Puoi accedere anche tu a queste nuove procedure se hai necessità di modificare le condizioni di separazione o divorzio già fissate in precedenza dal giudice. Così, per esempio, se è tua intenzione chiedere un’integrazione o una riduzione dell’assegno di mantenimento, potrai utilizzare questa nuova via.


Ma la legge è già entrata in vigore? Perché nessuno ne parla?
In verità, i giornali specializzati ne stanno parlando già da diversi mesi.
La norma che prevede la separazione dall’avvocato è già in vigore e puoi già provvedere da oggi stesso.
Al contrario, per la separazione in Comune dovrai ancora attendere la legge di conversione del decreto legge [1]: in pratica, il Parlamento deve dire “sì” a quanto scritto dal Governo. Per saperlo ci vorranno ancora all’incirca 50 giorni. Dopo, se tutto verrà confermato, potrai andare all’ufficiale di stato civile senza neanche farti accompagnare dal tuo legale di fiducia.

Questa legge opera per tutti?
No. Le due procedure (sia quella allo studio dell’avvocato che quella al Comune) valgono solo per i seguenti casi:

a) per chi decide di separarsi/divorziare consensualmente: in pratica, su tutti gli aspetti (personali e patrimoniali) conseguenti alla rottura della coppia ci deve essere il pieno accordo delle parti. Se, invece, i due hanno dei punti sui quali non hanno trovato un’intesa, dovranno necessariamente recarsi in tribunale e procedere – come sempre si è fatto sino ad oggi – con l’avvocato.
Lo stesso discorso vale per il caso di successiva modifica delle condizioni di separazione/divorzio;

b) per chi non ha figli minorenni o figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap o che non sono autosufficienti dal punto di vista economico; per esempio: i genitori del “bamboccione”, che ancora vive a casa perché non è riuscito a trovare lavoro, non possono utilizzare la riforma; altrettanto dicasi se i figli non hanno raggiunto i 18 anni.

Come funziona la separazione dall’avvocato?
Tutto ciò che devi fare è prendere un appuntamento con l’avvocato che tu e il tuo coniuge (ormai “ex”) avete scelto per seguirvi in questa procedura. In verità potreste farvi seguire ciascuno da un avvocato diverso (questi ultimi, poi, dovranno comunque incontrarsi e procedere congiuntamente): ma non vi è nessuna necessità di duplicare i costi.

A questo punto dovrai chiedere che venga effettuata la cosiddetta negoziazione assistita dall’avvocato.

In pratica, il legale redige una sorta di accordo scritto, in cui le parti si impegnano a cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia. Detto accordo, chiamato appunto “convenzione di negoziazione assistita” deve indicare il termine massimo entro cui l’accordo dovrà essere firmato (la legge prevede non meno di un mese) e l’oggetto della lite (separazione o divorzio o modifica delle condizioni già stabilite).

Quindi firmerete tutti l’accordo e l’avvocato certificherà che le vostre firme sono autentiche, proprio come avviene da un notaio.

Sarà poi il legale a doversi preoccupare di tutto il resto, ossia di far annotare l’accordo negli atti di stato civile. A tal fine, l’avvocato deve trasmettere il documento, entro massimo 10 giorni, all’ufficiale di stato civile del Comune nel quale il matrimonio fu iscritto o trascritto, per l’aggiornamento dei registri. Se si dimentica di inviare tale comunicazione, per lui scattano sanzioni salatissime (da 5 a 50 mila euro).

A questo punto, la convenzione avrà lo stesso valore di una sentenza del giudice.

Se vuoi vedere un fac simile dell’accordo di separazione che l’avvocato potrebbe farti firmare, clicca qui.

Ma devo pagare qualcosa all’avvocato o è gratis?
Dovrai certamente pagare l’onorario all’avvocato. Né esistono parcelle prestabilite dalla legge, per cui ogni studio sarà libero di determinare il proprio compenso. Meglio, quindi, che ti faccia consegnare un preventivo, anche perché la concorrenza è enorme e, in caso di esosità del corrispettivo, trovare condizioni migliori non sarà difficile. Peraltro, puoi sempre provvedere con la via alternativa: quella dell’ufficiale di stato civile che, invece, è gratuita.

Se invece volessi andare direttamente all’anagrafe senza l’avvocato?
Nulla di più facile. Non appena il decreto legge sarà convertito in legge (se tutto va bene, entro circa 50 giorni), chiunque potrà separarsi, divorziare o modificare le precedenti condizioni di separazione o divorzio rivolgendosi direttamente all’ufficiale di stato civile del Comune di Residenza di uno dei due coniugi o del Comune presso cui è stato iscritto o trascritto l’atto di patrimonio.

La procedura è estremamente facile. Tutto ciò che devi fare è andare in Comune, chiedere l’appuntamento con l’ufficiale di stato civile il quale riceverà te e il tuo (ex) coniuge e vi inviterà a fare la dichiarazione con cui vi volete separare o divorziare o modificare le condizioni di separazione/divorzio precedenti. Quindi vi farà compilare un atto e ve lo farà sottoscrivere.

Si tratta di una procedura superveloce per dirsi definitivamente addio. Ancora non possiamo dire se ci saranno bolli o diritti da pagare, ma certamente sarà quasi completamente gratuita, a differenza della procedura presso lo studio dell’avvocato.

Anche in questo caso, l’atto dell’ufficiale di stato civile avrà lo stesso valore di una sentenza del giudice. Inoltre gli effetti scatteranno immediatamente dalla data dell’atto contenente l’intesa raggiunta dalla coppia. E da questo giorno, in caso di separazione, decorreranno anche i tre anni necessari a divorziare.

Attenzione: questa strada è preclusa (non solo se ci sono figli minori, o maggiorenni con handicap, incapaci o non autosufficienti, ma anche) nel caso in cui i coniugi debbano formalizzare un accordo di dare-avere, cioè trasferire, per esempio, all’uno o all’altro, la proprietà di un’auto cointestata, di un conto corrente, della mobilia o della casa familiare. In questi casi, non è possibile utilizzare la procedura in Comune e la scelta rimane o quella dell’avvocato o la via tradizionale del tribunale.

Ma questo vuol dire che esiste già il divorzio breve?
Affatto. Il tempo che deve passare tra la separazione e il divorzio resta sempre di tre anni. Solo dopo tale lasso di tempo la coppia si può divorziare. Ma non disperare: il Parlamento ha promesso di approvare la legge sul divorzio breve (che prevede di ridurre l’attesa a 12 mesi per le separazioni giudiziali e a sei mesi per quelle consensuali, a prescindere dall’esistenza di figli).

[1] DL n. 132/2014.

(fonte: www.laleggepertutti.it)