giovedì 27 giugno 2013

USURA NEI MUTUI... ATTENZIONE ALLE FACILI CONCLUSIONI E NON DATE TUTTO PER GIA' RISOLTO

Il delicato problema è stato sollevato da varie trasmissioni televisive, che hanno indagato sui tassi d’interesse applicati dalle banche rilevando alcune anomalie nella concessione dei mutui. Si trattava di casistica particolare, ovvero quando nel contratto il tasso nominale annuo maggiorato del tasso di mora eccedono il cosiddetto “tasso soglia”. Questo è il tetto massimo, stabilito ogni tre mesi dalla Banca d’Italia. Se il tasso soglia dovesse venir superato la banca commette un’usura.

La Suprema Corte di Cassazione infatti, con la sentenza 350/2013 recentemente pubblicata, stabilisce che quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, tutte messe insieme superano il tasso soglia, stabilito dalla legge antiusura 108/96, anche i mutui diventano usurai e possono essere annullati con le relative procedure giudiziali bloccate.

Attenzione però: in ogni caso è indispensabile rivolgersi a professionisti per valutare ogni singola situazione ed è quindi necessario ricordare che su queste problematiche non è possibile generalizzare.

PRELIEVO DAL BANCOMAT DOPO LO SMARRIMENTO: SOMMA RESTITUITA ALL'UTENTE BANCARIO

Donato (nome di pura fantasia) quindici mesi or sono smarrisce la propria carta bancomat. Il servizio "sms alert" lo avvisa, in tale circostanza, di cinque prelievi per una somma che supera i 1.800 € e lui, prontamente, blocca la carta e formula reclamo per disconoscere le operazioni menzionate. Del resto gli era stato detto che "ogni operazione doveva essere segnalata tramite SMS sul telefonino" e questa circostanza non si é verificata.
Chiamata di fronte al collegio arbitrale l'Istituto Bancario ovviamente resiste adducendo essenzialmente che le operazioni in menzione sono state effettuate prima del blocco della carta e che "l'utilizzo del codice segreto risulta di per sé sufficiente a motivare l'addebito in conto corrente poiché il codice segreto deve essere noto solamente al cliente che ha l'onere contrattuale di custodirlo ed impedirne l'acquisizione da parte di terzi".
E' trascorso circa un anno dal momento del furto ma Donato è stato ricompensato per la costanza e la tenacia della Sua azione. Il collegio arbitrale ha accolto il Suo ricorso ed ha disposto per l'intermediario la corresponsione della somma "maltolta" decurtata di una piccola franchigia.

Molti i casi che vengono segnalati alla nostra associazione di furto di bancomat.
Per questo abbiamo attivato un servizio dedicato alla gestione di questi casi.
Contattate lo staff della nostra associazione per un appuntamento.


Riforma del condominio: ristabilita la solidarietà tra condomini

Il principio di solidarietà passiva dei condomini, trascurato dalla più recente giurisprudenza, torna a fare capolino con la recente legge di riforma del condominio (legge n. 22072012). Con la decisione n. 9148/2008, infatti, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sancito che la responsabilità dei condomini risulta sorretta dal principio della parziarietà, principio secondo il quale gli oneri assunti nell’interesse del condominio devono essere attribuiti ai singoli componenti soltanto in via proporzionale alle rispettive quote, seguendo criteri simili a quelli dettati dagli articoli 752 e 1295 del Codice civile per le obbligazioni ereditarie. Nello specifico, la Corte Suprema ha escluso la sussistenza del carattere solidale per le obbligazioni contratte nell’interesse condominiale a causa della realizzazione di lavori di ristrutturazione, rifacimento o manutenzione dell’edificio. Si tratta appunto di obblighi connotati da parziarietà. Rispecchiando questo orientamento, la domanda di pagamento può essere rivolta ai condomini in proporzione alla singola quota debitoria. Ai fini della verifica della consistenza di tale quota, ricade dunque sul creditore l’onere di controllare le tabelle millesimali del condominio. In realtà, le critiche sollevate dalla decisione della Cassazione sono state non poche.

L’ammessa parziarietà delle obbligazioni dei condomini verso i terzi risulta, in tal senso, poco assimilabile ai precetti del diritto positivo, configurando piuttosto il prodotto di un’audace, seppur avventata, restaurazione assiomatica del criterio della parziarietà, in vigore nel Codice abrogato. Anche nel caso in cui si volesse assecondare l’interpretazione secondo cui il precetto di diritto pronunciato abbia “unicamente” valore con riguardo alle obbligazioni contrattuali assunte dall’amministratore di condominio, verrebbe comunque a compiersi una grave violazione del criterio paritario, di cui all’articolo 3 della Costituzione, oltre a quello dell’ articolo 111 sempre del testo costituzionale sul giusto processo. Attraverso la legge di riforma del condominio, il legislatore ha invece deciso di non osservare la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione riammettendo la solidarietà del debito del condominio nei casi in cui, nel nuovo articolo 65 delle Disposizioni attuative del Codice civile, prevede per i creditori l’impossibilità di agire nei confronti degli obbligati che sono in regola con i pagamenti, se non soltanto a seguito dell’escussione degli altri condomini.

Il beneficio di escussione pertanto non arriva ad escludere che tutti i condomini, anche se adempienti, possano essere ritenuti debitori solidali qualora sussista il mancato pagamento da parte di uno o più condomini del debito verso i terzi. Rimangono ora da fissare le modalità secondo cui il terzo creditore possa divenire abilitato ad agire contro i condomini adempienti per la morosità di altro condomino. Secondo alcune interpretazioni, il terzo non è obbligato a richiedere soltanto il pagamento del dovuto ai condomini morosi tramite lettera o atto di messa in mora, ma, per poter recuperare il proprio denaro dagli altri, è tenuto altresì ad agire in via esecutiva contro i condomini morosi. La variazione legislativa sembra dunque voler convalidare il principio secondo cui la sentenza ottenuta contro il condominio abbia valore di titolo esecutivo nei confronti dei singoli condomini in via solidale tra loro, sebbene non siano stati segnalati nominativamente e non siano stati dichiarati responsabili solidalmente. In tal senso si può dedurre che il creditore che ha già ottenuto la sentenza definitiva di condanna al pagamento di una somma di denaro nei confronti del condominio, automaticamente non diventa più interessato a proseguire l’azione nei confronti del condomino per il pagamento pro quota dell’analogo ammontare (Cassazione 20304/2004).

E’ intervenuta sul tema anche la decisione del Tribunale di Catania (13 novembre 2000) che ha stabilito che il decreto ingiuntivo diffuso per un’obbligazione pecuniaria nei confronti del condominio, opposto soltanto da alcuni condomini e viceversa accolto sia dallo stesso condominio che dai restanti partecipanti alla comunione, acquisisce autorità di giudicato sostanziale nei confronti degli intimati che non abbiano fatto opposizione. Oggi, con la nuova previsione dell’articolo 1135 n. 4, l’eventuale responsabilità solidale dei condomini viene di fatto circoscritta, prevedendo che sia l’assemblea a dover provvedere alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni attraverso la costituzione obbligatoria di un fondo speciale d’importo pari all’ammontare dei lavori. L’importo dei lavori da realizzare, poi, una volta raccolto dall’amministratore, lascia scoperta esclusivamente la possibile quota aggiuntiva per le variazioni e gli extra decisi in corso di opera, che andrebbero comunque approvati anticipatamente dall’assemblea. In conclusione, diventa assai rilevante la subentrata norma che annuncia, per il venditore che cede diritti su unità immobiliari, il mantenimento dell’obbligo solidale con l’avente causa per i contributi condominiali fino a quando la copia autentica dell’atto che convalida il trasferimento del diritto viene passata all’amministratore.

(Articolo di www.leggioggi.it)

mercoledì 26 giugno 2013

LIBRETTI DORMIENTI: RECUPERATI OLTRE 2.000 EURO DAL FONDO

Secondo le fonti del Ministero tanti ancora i "libretti dormienti" ovvero i libretti non movimentati da oltre 10 anni per i quali è possibile procedere all'istanza di rimborso.
Invitiamo tutti i controllare nei vecchi mobili della nonna perché molto spesso possono racchiudere dei veri e propri tesori.
Così come è successo alla nostra tesserata, la Sig.ra Fortunata (ndf) che all'incirca 10 mesi ha ha trovato un libretto dormiente dei genitori.
Ha ricevuto conferma dell'accoglimento della domanda e la somma di oltre 2.000 euro 

Non impigritevi nella poltrona... iniziate la Vostra caccia al tesoro... un in bocca al lupo perchè sia per Voi fruttifera e se avete bisogno si una mano per il recupero contattate la nostra associazione

A.E.C.I. FELTRE
feltre@euroconsumatori.eu - fax 0439 1998108
mobile 347 74 21 260 (riceviamo solamente su appuntamento)

DISSERVIZI FASTWEB. LA NOSTRA ASSOCIAZIONE CONSUMATORI PRONTA A TUTELARTI

Onda anomala di disservizi creati dall'operatore Fastweb. Ritardi di trasloco e disservizi tecnici per lo più sono le lamentele di numerosi consumatori che si rivolgono alla nostra associazione di consumatori.

Il nostro primo dovere è quello di risolvere il disservizio ma, subito dopo, la nostra associazione di consumatori si impegna per far risarcire il consumatore dei disservizi che ha dovuto sopportare.

Tra i disservizi si annoverano tempi di trasloco linee al di sopra della media (tra i 30 e 60 giorni) problemi di allacci della linea, e servizio a intermittenza.

Gli sportelli di A.E.C.I. | ASSOCIAZIONE EUROPEA CONSUMATORI INDIPENDENTI, sono pronti ad assistere utenti Fastweb sia per risolvere eventuali problemi tecnici sia per ottenere i giusti risarcimenti.

martedì 25 giugno 2013

SUCCESSO CONCRETO: RICORSO ALL'ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO - RIMBORSO POLIZZA MUTUO PER € 2.500,00

Sentenza pubblicata dell'ABF per un associato A.E.C.I. 

La vicenda in sintesi: la Banca non voleva rimborsare un premio polizza non goduto al nostro associato che aveva cambiato banca con una surroga del mutuo. A nulla sono valse le richieste timidamente avanzate all'epoca della surroga. 
Fortunatamente il nostro amico Roberto (nome di pura fantasia) ha conosciuto AECI che ha gestito la controversia ed ottenuto il risarcimento come era di diritto!

Se anche voi siete in situazioni simili non attendete oltre perché più tempo passa più potrebbe essere tardi per la strada veloce ed efficace di ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario


venerdì 21 giugno 2013

Microlesioni da incidente stradale più care: risarcimenti più alti

Il Ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato ha firmato il decreto che aumenta i valori del punto base per le microlesioni da incidente stradale/nautico. Il parametro per il danno biologico permanente aumenta da 783,33 a 791,95 euro, mentre per il danno biologico temporaneo il riferimento del primo punto arriva a 46,20 euro, 50 centesimi in più del valore fissato con il precedente decreto Ministero dello Sviluppo Economico entrato in vigore il 1 aprile 2012.

L’aggiornamento annuale degli importi è previsto dal Codice delle assicurazioni private.

Tuttavia, per una serie di intoppi nell’iter regolamentare ancora irrisolti, la fissazione del punto base riguarda solo le “lesioni di lieve entità” e non invece il “danno biologico per lesioni di non lieve entità”.

Dunque, per i casi più gravi si utilizzano le tabelle di Milano che, ad ogni modo, sono state aggiornate nello scorso mese di marzo.

Ricordiamo che si considerano di lieve entità le lesioni che abbiano comportato un danno sotto i 9 punti di invalidità permanente.

Servizio offerto da METAPING

Articolo di Alessandro Galimberti, su II Sole 24 Ore del 15.06.2013, pag. 21

Segnalazione cattivi pagatori in centrale rischi: obbligo di avviso con raccomandata

Ogni volta che la banca procede a segnalare un cattivo pagatore in centrale rischi ha l’obbligo di inviargli, prima, un preavviso con raccomandata a.r. o altro strumento equivalente (per esempio, la posta elettronica certificata). Non può quindi farlo con posta ordinaria. In tal ultimo caso, infatti, qualora il correntista asserisca di non aver ricevuto alcunché, l’istituto di credito deve riuscire a dimostrare il contrario (prova tutt’altro che facile).

Pertanto, in tale situazione, il moroso segnalato in centrale rischi – cui non è stata fornita adeguata comunicazione di preavviso – potrà far valere l’illegittimità dell’iscrizione e chiedere la cancellazione.

A chiarire questo importante aspetto è stato l’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) in una decisione dello scorso mese [Decisione n. 2083 del 19.04.2013].

Il caso deciso dall’Arbitro si riferisce a un soggetto segnalato alla Centrale Rischi per un pagamento non effettuato nei termini; l’uomo aveva poi rimediato alla morosità con un successivo versamento. In questi casi, la normativa prevede che le informazioni relative a ritardi nei pagamenti, successivamente regolarizzati, possano essere conservate all’interno del sistema di informazioni creditizie fino a ventiquattro mesi dalla data di registrazione dei dati relativi alla regolarizzazione di ritardi superiori a due rate o mesi.

Ma l’interessato aveva dedotto di non aver mai ricevuto un preavviso dell’imminente segnalazione. La banca, che aveva sostenuto di averlo fatto con una lettera ordinaria, è stata ritenuta responsabile dall’Arbitro Bancario.

In tali casi, infatti, quando un Istituto di Credito abbia segnalato un proprio cliente in una centrale rischi e non lo abbia prima avvisato con raccomandata od altro mezzo di trasmissione equivalente, ma con posta ordinaria, deve riuscire a fornire la prova della conoscenza della comunicazione da parte del destinatario. In mancanza di tale dimostrazione, la segnalazione si considera illegittima [Attualmente la normativa di riferimento è costituita dall’ art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi di informazione creditizia (direttamente applicabile da parte dell’ABF in virtù del richiamo esplicito contenuto nell’ art. 3 – Sez. VI delle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d’ Italia ) nonché dall’art. 125, comma 3, del t.u.b., come modificato dall’ art. 1, comma 1, del d. lgs.13.08.2010, n. 141.].

La pronuncia segue di pochi mesi il chiarimento dato dal Garante della Privacy che, con riferimento alle segnalazioni in CRIF, aveva sostenuto che l’iscrizione del cattivo pagatore deve essere sempre preceduta da un preavviso. Qualora ciò non avvenga, il debitore può chiedere al creditore di provvedere alla cancellazione della segnalazione, che dovrà avvenire entro 30 giorni dalla data di ricevimento del provvedimento di accoglimento del ricorso del correntista.

(articolo di www.laleggepertutti.it)

Quando è possibile il pignoramento della prima casa dopo la riforma

Come già annunciato, il DL approvato sabato scorso dal Governo Letta (soprannominato “Decreto del Fare”) ha cancellato la possibilità di espropriazioni sulla prima casa. 

Bisogna tuttavia comprendere meglio di cosa si tratti ed entrare nel dettaglio del provvedimento per individuare le ipotesi in cui operi tale agevolazione e quando, invece, è ancora possibile l’esproprio dell’abitazione. 

In generale, tale decreto allenta notevolmente la stretta sui pignoramenti immobiliari, salvaguardando l’immobile in cui il debitore risiede. 

Tuttavia, sino a quando non entrerà in vigore, l’abitazione principale sarà trattata come gli altri immobili: essa, quindi, sarà espropriabile da Equitalia a condizione che il credito vantato da quest’ultima sia superiore a 20 mila euro. 

Quando non si applica il divieto di pignoramento 
La prima, preliminare e necessaria, precisazione da fare è che le nuove regole si riferiscono solo ai casi in cui il creditore procedente sia Equitalia. Pertanto, in tutte le altre ipotesi (quando, per esempio, si è in presenza di una banca, un’assicurazione, una finanziaria, ecc.) il pignoramento dell’immobile sarà possibile, anche per piccoli importi di debiti. 
Il secondo caso in cui non si applica il divieto di pignoramento è alle case di lusso, ossia quelle accatastate A/1, A/8 e A/9. 

Limite di valore del debito 
Fuori dai predetti casi, il pignoramento sarà vietato solo se l’immobile è adibito ad abitazione principale. Questo non vuol dire, però, che Equitalia non sia legittimata a iscrivere ipoteca. Al contrario, lo potrà ben fare e – pur essendole inibito di procedere alla vendita forzata dell’immobile – essa si soddisferà con precedenza rispetto agli altri creditori che abbiano promosso l’esecuzione forzata

Fuori dall’ipotesi di immobile adibito ad “abitazione principale”, e quindi in tutti gli altri casi (per esempio, seconda casa), l’abitazione è pignorabile a condizione che: 
1. il credito fatto valere da Equitalia sia superiore a 120 mila euro; 
2. siano decorsi sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca senza che il debitore abbia pagato.

Cosa si intende con “abitazione principale” 
L’abitazione principale – quella cioè che la riforma ha reso impignorabile – è un concetto che va distinto da quello di “prima casa” con cui non necessariamente coincide sempre. 
Perché si possa parlare di abitazione principale è necessario che:
- si tratti dell’unico immobile in proprietà del debitore; 
- il debitore vi risieda anagraficamente. 
Con la conseguenza che, se il contribuente possiede un solo immobile, però risiede in un’altra abitazione (per es. a titolo di comodato, usufrutto o locazione), l’espropriazione della prima è sempre possibile

Immobili ad uso diverso da quello abitativo 
Poiché la nuova norma richiede la “residenza anagrafica”, sembra da escludere che, nel beneficio dell’impignorabilità, possano ricadere immobili ad uso ufficio. Perché infatti operi il divieto di pignoramento, si deve sempre parlare di immobili ad uso abitativo

(Articolo su www.laleggepertutti.it)

sabato 15 giugno 2013

LO SPI - SINDACATO PENSIONATO ITALIANO (CGIL) DI PIACENZA - RUBAVA SOLDI AI PENSIONATI.

HA DELL’INCREDIBILE LA TELENOVELAS DELLA SPI-CGIL DI PIACENZA, CON UN TRUCCO INFORMATICO PRELEVAVANO LE QUOTE ASSOCIATIVE CHE I PENSIONATI NON AVEVANO AUTORIZZATO

Con i tempi che corrono se ne sentono di cotte e di crude, ma che il sindacato del pensionati (Spi) della Cgil di Piacenza avesse messo insieme un software truffaldino per poter rubare ai vecchietti le quote associative da loro mai sottoscritte, é una notizia bomba.

La Cgil nazionale ha tentato, da parte sua, in tutti i modi di spegnere I'insostenibile scandalo che era già noto sul finire del mandato di Epifani ma che solo ora é approdato nelle aule del Tribunale di Piacenza dove il processo, forse per la sua delicatezza e complessità, si sta snodando molto lentamente, accompagnato dall'assordante silenzio di tutti i media nazionali che di solito starnazzano per molto meno.

Il processo contro le false deleghe Cgil procede a passo di lumaca anche perché, a istruttoria già avanzata, si é scoperto, ad esempio, che il software truffaldino della Cgil, che non guardava in faccia a nessuno (il requisito per essere spennati era solo quello di essere in pensione) aveva sottratto indebitamente anche le quote della madre di un magistrato che ha dovuto disimpegnarsi dal processo per evidente incompatibilità, essendo stata anche sua madre, fin a quel momento, una inconsapevole parte lesa.

L'aspetto più scabroso di una storia da brividi e di indicibile gravità la si rileva nell'atteggiamento della Cgil regionale e nazionale, la quale anziché fare chiarezza su questa vicenda truffaldina, ha cercato a lungo di spegnere lo scandalo arrivando addirittura a punire, non chi aveva scientificamente organizzato il furto delle quote indebite ai pensionati, ma 'facendo leva, in modo arrogante, sul proprio potere, ha redarguito, allontanato e disperso il gruppo dirigente Cgil che aveva denunciato e combattuto lo scandalo.". Quest'ultima affermazione é stata fatta da Gianfranco Dragoni, figura di spicco e integerrima del sindacalismo cigiellino locale fin dagli anni Cinquanta, sulle colonne del quotidiano locale Libertà che é diretto alla grande da un giornalista di razza come Gaetano Rizzuto.

Potenza del sindacalismo "rosso" affossare chi sa e potrebbe parlare. Lo stesso Dragoni ricorda che, inspiegabilmente "mancano, nel processo, l' lnps e il garante della privacy". Per Dragoni, e noi non possiamo che convenirne, "la truffa della Spi Cgil su Piacenza, é un fatto gravissimo perché centinaia di ignari pensionati, attraverso la penetrazione illegale nel sito informatico dell'Istituto previdenziale, si sono visti trattenere, sulla loro pensione, somme non da loro autorizzate".

Proprio a seguito di questo scandalo l'lnps del monocratico Mastropasqua non si é costituito anche se ha introdotto misure più stringenti contro il ripetersi di altri episodi fraudolenti. E che dire del Garante della Privacy al quale é sicuramente giunta la notizia del fatti di Piacenza ma, stranamente, invece di aprire un'istruttoria é immerso in un silenzio tombale. Non solo. Paradosso dei paradossi i difensori degli ex dirigenti Spi-Cgil che hanno gestito e consumato il banchetto, hanno addirittura indicato come referenti per trattare il ritiro della querela a suo tempo presentata da 129 pensionati, addirittura la Spi-Cgil di Piacenza che é la fonte dello scandalo. Spetta alla Camusso, a questo punto, fare il "mea culpa" ufficiale ammettendo le responsabilità pubblicamente e cosi ridando alla Cgil l'autorevolezza che gli compete. 

FONTE: Over 50 – Associazione Pensionati Europei 12 Rivista Confeuro Dir. Responsabile Rocco Tiso n.2marzo/aprile20 13

giovedì 13 giugno 2013

SANITA'... ALL'ITALIA SPETTANO GLI ULTIMI POSTI D'EUROPA

Fino a qualche anno fa almeno potevamo vantarci di avere uno fra i migliori sistemi sanitari al mondo.

Ora, a causa del concatenarsi dei tagli economici e del progressivo peggioramento delle performance di dirigenti e consulenti in materia di organizzazione sanitaria, siamo retrocessi nelle posizioni anche europee.

Questa non è la convinzione dello staff di questa associazione bensì l'agghiacciante scenario sintetizzato dalla Fondazione Chirurgo e Cittadino sulla scorta di tre diverse statistiche di altrettanti istituti di ricerca indipendenti europei.

Alcuni esempi:
- l'Italia si piazza all'ultimo posto fra i paesi industrializzati per investimenti nel settore della sanità (fonte: Organization for Economic Co-Operation and Development - OECH Helth data 2012). Lontano quindi lo scenario del 2000 in cui la nostra sanità ricopriva il II^ posto al mondo per capacità di risposta assistenziale universale in rapporto alle risorse investite
- in ambito di "QUALITA'" dell'assistenza attribuito al SSN italiano i risultati sono sconcertanti.
su un paniere di 34 Sistemi Sanitari di altrettanti paesi europei è stata condotta un'indagine basata su 42 diversi indicatori di performance ed ecco il piazzamento dell'Italia
a) 10^ in ambito di "DIRITTI DEL MALATO ED INFORMAZIONE". Prima di noi paesi come la Croazia, l'Estonia e la Lituania
b) 11^ nella valutazione dei "RISULTATI". Prima di noi paesi come la Repubblica Ceca e la Slovenia.
c) 21^ nell'analisi di "ACCESSIBILITA' E TEMPI DI ATTESA". In classifica prima di noi si leggono paesi come la Grecia, Cipro e la Romania
d) 26^ per "PREVENZIONE ED EQUITA' DI SISTEMA". Dopo Portogallo, Malta, Slovacchia...

Nel complesso l'Italia si stabilisce al 21^ posto della classifica.

Insomma, la triste realtà che i nostri tesserati ci raccontano in storie di quotidiane disavventure viene avvallata anche dagli studi di tre diversi ed indipendenti studi europei.
Storie di tristi povertà nazionali e locali, in cui i tagli lineari spesso immotivati e la mancanza di una cortezza dei reali sprechi (che devono essere drasticamente e repentinamente colpiti) si trasformano in minor investimenti in materia di salute ed in investimenti poco oculati.

A farne le spese, come al solito, sono solo i cittadini...

AGENZIA DELLE ENTRATE: AVVISO DI ACCERTAMENTO ANNULLATO PER MANCANZA DI DELEGA

Prima che qualcuno parli o ci "convochi" solamente per dare giusto sfogo all'aria contenuta nei polmoni diamo gli estremi della sentenza: 254/1/13 CTP (Commissione Tributaria Provinciale) Lecce - 04/06/2013.

Interessante risultato quello ottenuto dal legale Maurizio Villani che su presentazione di un ricorso per un contribuente leccese avverso un avviso di accertamento ed ha ottenuto il totale annullamento dell'atto sottoscritto da un funzionario non legalmente delegato dal Direttore dell'Ufficio.
Nel caso di specie la CTP ha ritenuto fondato il motivo di ricorso che rileva il difetto di sottoscrizione per violazione dell'articolo 42, primo comma, del DPR 29 settembre 1973 n. 600 e smi che prevede espressamente che la sottoscrizione dell'avviso di accertamento deve avvenire ad opera del capo ufficio e di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
Una sentenza che recepisce pienamente l'orientamento della Corte di Cassazione che ha peraltro richiamato la Pubblica Amministrazione per aver ritenuto superfluo sia il produrre la delega che replicare all'eccezione sollevata.




giovedì 6 giugno 2013

Nullo il contratto con la banca per il collocamento titoli senza recesso nei 7 giorni

I contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli dei risparmiatori, conclusi al di fuori della sede dell’intermediario, sono sospesi per sette giorni dalla data di sottoscrizione del contratto stesso: entro infatti tale termine, l’investitore può decidere se recedere o meno dall’accordo, senza spese né corrispettivo, comunicandolo al promotore finanziario o all’intermediario (la banca).

In altre parole, il cliente deve essere sempre messo nella condizione di esercitare il diritto di recesso nei confronti dell’Istituto di credito.
Occorre inoltre che tale facoltà di recesso sia espressamente indicata nei moduli o formulari consegnati all’investitore e nelle proposte contrattuali effettuate fuori dai locali commerciali, a pena di nullità del contratto.

Tale previsione – affermano le Sezioni Unite della Cassazione in una recente e innovativa sentenza [1] – non si applica solo ai “contratti di collocamento” in senso stretto, ma anche a qualsiasi altra operazione in virtù della quale l’intermediario offra in vendita a clienti non professionali strumenti finanziari al di fuori della propria sede.

La banca dunque deve garantire sempre il diritto di recesso al risparmiatore nell’ambito della vendita di prodotti finanziari effettuata fuori dalla sede dell’intermediario, e ciò anche se il contratto non è stato sottoscritto nell’ambito di un servizio di collocamento che la banca presta all’emittente o all’offerente i titoli, ma in esecuzione di un servizio d’investimento diverso.

Tale diritto di recesso deve riguardare, inoltre, le singole operazioni poste in essere dal cliente e non la stipula del contratto-quadro.

Dalla nuova sentenza della Suprema Corte emerge, dunque, un livello elevato di tutela del risparmiatore: tutela estesa a tutte le volte in cui l’investimento non è frutto di una sua deliberata scelta, ma del fatto che egli è stato raggiunto dall’intermediario in luoghi diversi dalla sede di quest’ultimo.

[1] Cass. sent. n. 13905/2013 del 3.06.2013

(articolo di redazione di www.laleggepertutti.it)

Incidenti: nessuna franchigia al risarcimento dell’assicurazione se l’officina non è convenzionata

È nulla la clausola della polizza assicurativa “kasko” che (con una franchigia) limita il risarcimento da sinistro stradale qualora la vettura non venga riparata da un’officina convenzionata con l’assicurazione. A dirlo è il Giudice di Pace di Pinerolo [1].

Nel caso di specie, l’incidentato aveva chiesto il risarcimento per l’incidente stradale alla propria assicurazione. Quest’ultima, però, gli aveva corrisposto un indennizzo notevolmente più basso, richiamandosi a una clausola, contenuta nella polizza, in cui era inserita una franchigia del 20% nel caso in cui l’assicurato avesse fatto riparare il veicolo presso un’officina di sua fiducia e non presso quella convenzionata con l’assicurazione.

Si tratta, secondo il magistrato di turno, di una clausola nulla, che non deve essere applicata, in contrasto con le condizioni generali di contratto che impongono specifiche garanzie in favore dei clienti-utenti. Il risarcimento, quindi, in questi casi, non può essere limitato e va corrisposto integralmente.

[1] G.d.P. Pinerolo, sent. n. 191/2013.

(www.laleggepertutti.it)

Risarcito il dipendente licenziato che rinuncia al nuovo posto di lavoro per l’orario stressante

Il risarcimento del danno derivante da licenziamento illegittimo non può essere ridotto se il dipendente ha rifiutato un nuovo impiego con condizioni lavorative peggiori rispetto a quelle precedenti [1].

Il risarcimento dovuto al dipendente illegittimamente licenziato [2] può essere ridotto qualora il datore di lavoro provi che il dipendente ha percepito altri compensi o retribuzioni oppure ha tenuto un comportamento colposo tale da non impedire o ridurre il danno: per esempio l’aver rifiutato un altro impiego.  Ebbene, tra i comportamenti colposi, secondo la Cassazione, non rientra l’aver rifiutato un posto di lavoro che prevede condizioni deteriori rispetto a quello per il quale si è stati licenziati.

Dunque, la riduzione del risarcimento del danno è possibile solo quando il lavoratore ha colpevolmente rifiutato un impiego analogo a quello precedente.

I giudici hanno così riconosciuto l’integrale risarcimento del danno a una lavoratrice nonostante avesse rinunciato ad un nuovo impiego, poiché questo era diverso dal precedente e comportava un orario di lavoro eccessivamente stressante. Inoltre, i giudici hanno precisato che il risarcimento può essere chiesto anche dopo sei anni dal licenziamento.


[1] Cass. sent. n. 1410 del 4 giugno 2013.
[2] Art. 18 dello Statuto de lavoratori.

(articolo della Dott.ssa Monteleone Maria pubblicato su www.laleggepertutti.it)

Equitalia salva per un pelo dall’usura solo perché c’è un buco nella legge

La denuncia contro Equitalia per usura, avviata dall’associazione Federitalia e depositata presso la Procura di Parma, è stata archiviata dal GIP. La ragione – spiega il magistrato – è solo perché, in Italia, il reato di usura si configura soltanto in caso diprestito di denaro e non invece – come nel caso di Equitalia – nel caso diriscossione.

Un imprenditore modenese aveva denunciato Equitalia per usura, essendosi accorto di un aumento vessatorio del tasso di interesse e degli agi rispetto al pagamento iniziale. Il debito era passato da 95 mila euro a 148 mila. Come lui, negli scorsi mesi hanno depositato la querela tanti altri imprenditori italiani.

Equitalia salva per il rotto della cuffia

Il giudice delle indagini preliminari ha però salvato l’Agente per la riscossione solo per via di una lacuna legislativa. Il GIP, nella sua motivazione, spiega che esiste unagrave carenza nella nostra legge perché non esiste una norma che vieti la crescita esponenziale delle more e degli agi sulle imposte. Per tale ragione, nel provvedimento di archiviazione, il magistrato sembra invitare il legislatore a coprire al più presto tale “gap”, almeno per quanto attiene al settore delle riscossioni.

Insomma, la denuncia non può essere accolta, ma solleva un caso nazionale serio.

(www.laleggepertutti.it - articolo di redazione)

martedì 4 giugno 2013

NON FIDARSI E' MEGLIO!!! NEMMENO DELLA BANCA...

Antonio (nome di pura fantasia) da qualche mese sta vivendo una vera odissea: ha avuto qualche problema con uno dei suoi istituti bancari per una segnalazione che non doveva nemmeno partire... 

Antonio è un piccolo artigiano quindi questo errore gli sta creando molti danni, gli sta ostacolando l'operatività... e poco importa che la banca che ha creato il danno stia cercando di provvedere all'errore; il danno oramai è fatto.

Com'è ovvio questo "piccolo" errore ha complicato il rapporti con gli altri istituti con cui Antonio lavora, tanto da vedersi chiamare pochi giorni fa dal direttore di banca e palesare un rientro immediato del fido... "del resto il tuo rating è peggiorato" questa è l'unica frase che il buon dirigente ha saputo palesare.

Il rientro è di quelli a quattro zeri... non una cifra improponibile per un artigiano ma una cifra comunque impegnativa per il periodo economiche che stiamo vivendo.
Così Antonio al buon Dirigente bancario chiede un piano di rientro... ed ecco la sorpresa... il modulo che gli viene presentato, in una revisione del 2010, è innanzitutto un'atto di rinuncia ai fidi bancari. Non la banca che chiede un rientro bensì Antonio che dichiara di non avere più necessità di utilizzare i fidi bancari.
E già qui qualcosa da dire ci sarebbe... Lui sta subendo gli errori del sistema bancario e se proprio non si vogliono rinnovare i fidi la Banca dovrebbe mettere nero su bianco le motivazioni così da permettere ad Antonio di dimostrare i disagi partiti per colpa di quella errata segnalazione.

A poche righe di distanza l'espressa rinuncia, con la sottoscrizione del modulo, all'esercizio di qualsiasi contestazione e/o contestazione, anche in sede giudiziale, relativa alla tenuta dei rapporti in oggetto, con particolare ma non esclusivo riferimento alle metodologie di liquidazione e computo degli interessi applicate dalla banca a far data dall'accensione dei rapporti.

Ora... Tu banca chiedi all'utente di rinunciare al diritto di tutelarsi a far data dall'accensione dei rapporti??? Perchè???

Il consiglio della nostra associazione, rivolto a tutti gli utenti bancari: prima di sottoscrivere qualsiasi atto o documento chiedete sempre di poter visionare copia dell'atto. Chiedete di poterlo leggere con la dovuta calma ed attenzione. Chiedete un secondo appuntamento per la sottoscrizione del medesimo solamente dopo aver ponderato attentamente quanto andate a siglare.

Vogliamo lasciarvi con una domanda... quale soggetto economico e giuridico, azienda o banca, consapevole di aver agito nel pieno rispetto della normativa, vi proporrebbe di siglare un atto di rinuncia? Perché l'utente deve rinunciare ad un diritto?

Chiunque volesse assistenza e consulenza in ambito bancario può rivolgersi alla nostra associazione che da tempo ormai ha attivato uno sportello dedicato solamente a questo tipo di problematiche.

BUONI POSTALI FRUTTIFERI: POSTE DEVE CORRISPONDERE GLI INTERESSI COME STABILITI SUL BUONO. I CONSIGLI DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE DI CONSUMATORI

Spesso moltissimi piccoli risparmiatori hanno sottoscritto dei buoni fruttiferi presso Poste Italiane. Tuttavia il risparmiatore, alcune volte, si è visto pagare un valore del buono inferiore rispetto all’ammontare come calcolato in base alle condizioni descritte sul buono di cui era in possesso. O, addirittura, si è visto recapitare un decreto ingiuntivo sulla base del quale Poste ha chiesto l’indebito percepito dall’ignaro risparmiatore, in quanto il valore del buono alla data di riscossione dello stesso, non era conforme ad un decreto ministeriale precedente l’emissione, che aveva cambiato il tasso di interesse di tali buoni e del quale però non vi era nessuna menzione sul buono fruttifero in possesso del risparmiatore.

In merito alla riscossione dei buoni fruttiferi e agli interessi da applicare alla data di liquidazione, è intervenuta la Cassazione a sezioni unite, che con la sentenza 13979/2007 ha stabilito che “Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m. che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali - destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori - che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto della sottoscrizione del buono. (Principio espresso in sede di risoluzione di questione di massima di particolare importanza)”.

Dunque la Cassazione sottolineando il principio dell’affidamento del risparmiatore all’atto dell’acquisto dei buoni fruttiferi, afferma che l’errore di Poste nel non riportare i nuovi tassi di interesse da applicare, non possa e non debba ripercuotersi sulla buona fede del consumatore che ha diritto a riscuotere la somma risultante dall’applicazione dei tassi per come riportati sui buoni fruttiferi.

La sentenza specifica che tale normativa, abrogata dall’art. 3 c. 7 del d. lgs. 284/99, è valida solo per i buoni fruttiferi già giunti a scadenza. Tuttavia, da tale sentenza della Cassazione, si evince un principio di carattere generale , cioè, la preminenza delle condizioni riportate sul buono fruttifero, prevalgono sulle modifiche stabilite da decreti ministeriali precedenti o contestuali l’emissione, se il buono fruttifero non è stato integrato con tali previsioni. Ciò non vale nel caso di intervento di decreto ministeriale intervenuto successivamente all’emissione dei buoni fruttiferi, in quanto il d.P.R. 156/73 (Codice postale), come modificato dal d.l. 460/74, prevedeva che i tassi di interesse dei buoni fruttiferi potessero essere modificati da decreti ministeriali emessi successivamente alla data di emissione.

Nel caso abbiate richiesto la liquidazione dei vostri buoni fruttiferi e abbiate ottenuto meno rispetto a quanto stabilito sul retro del buono, potete rivolgervi al nostro staff chiedendo un appuntamento al 347 74 21 260 ovvero alla mail feltre@euroconsumatori.eu