sabato 25 maggio 2013

Il Metodo Stamina: approvato l’uso delle cellule staminali a scopo terapeutico

È legittima la sperimentazione del “Metodo Stamina” [1] per il trattamento di malattie considerate incurabili. Il Senato ha appena approvato, quasi all’unanimità, il il cosiddetto decreto Balduzzi relativo all’utilizzo cellule staminali a scopo terapeutico.

La versione originaria della norma, tuttavia, differisce dal disegno di legge presentato dall’ex Ministro alla Salute.

Il metodo ideato dal dott. Davide Vannoni si basa sull’utilizzo di cellule staminali per il trattamento di alcune patologie dopo che le stesse siano state testate secondo i criteri dettati dalla “buona pratica di laboratorio” (Good laboratory Practice) [2]. Invece, la versione conclusiva della legge consente di predisporre cure a base di cellule staminali dopo che le stesse siano state manipolate in laboratorio sulla base del “Good Manufactoring Practicies”[3].
La terapia in questione può essere praticata solo su coloro che sono già sottoposti ai trattamenti secondo il “metodo Stamina” e su un massimo di altri dieci soggetti.

Inoltre, la fase di sperimentazione, per valutare la concreta efficacia del trattamento, dura diciotto mesi, decorsi i quali i risultati prodotti dall’uso di questo nuovo strumento terapeutico potranno essere considerati validi e attendibili.

Intanto non mancano perplessità e incertezze circa l’esito della sperimentazione e qualcuno ritiene che si tratti di un metodo non supportato da esiti certi , “non rigorosamente testato” e quindi ancora potenzialmente “pericoloso”.

Tuttavia, l’autorizzazione all’impiego delle cellule staminali ha già realizzato un risultato importante: quello di ridare fiducia nel futuro a ben trenta persone affette da malattie incurabili, tra cui bambini che da oggi possono sperare in un avvenire migliore.

[1] Il “metodo Stamina” indica un trattamento terapeutico a base di cellule staminali ideato da Davide Vannoni ( docente laureato in lettere).
Il metodo consiste nella somministrazione di cellule staminali mesenchimali per curare malattie di diverso tipo, anche molto diverse fra loro per sintomi, cause e decorso.
[2] Con l’espressione Good Laboratory Practices (buona pratica di Laboratorio) si fa riferimento al complesso di principi con cui le ricerche di laboratorio sono programmate, condotte controllate, registrate e riportate, allo scapo di ottenere dati sperimentali di elevata qualità.
I principi di Buona Pratica di Laboratorio sono stati adottati dall’OCSE per promuovere la qualità e la validità dei dati sperimentali utilizzati per determinare la sicurezza di sostanze e prodotti chimici.
La B.P.L. prevede l’ispezione e la verifica delle procedure organizzative e delle condizioni alle quali sono programmate, svolte, registrate e comunicate le ricerche di laboratorio, denominate studi per le prove non cliniche effettuate a fini previsti dalla regolamentazione in materia. Sono volte a valutare gli effetti sull’uomo, sugli animali e sull’ambiente di tutti i prodotti chimici per l’industria, i prodotti medicinali, i detergenti, gli additivi alimentari ed i coadiuvanti tecnologici e di altre sostanze.
[3] Le GMP (Good Manufactoring Practice) sono svolte per verificare che la poduzione dei medicinali avvenga secondo la “buona pratica di fabbricazione”.
Le verifiche ispettive presso le officine di produzione di medicinali sono condotte al fine di accertare che la produzione dei medicinali sia compiuta secondo criteri tecnici e metodologici tali da garantire la qualità del prodotto fabbricato.

(www.laleggepertutti.it - Avv.to Gioegia Maria Calabrò)

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