sabato 13 luglio 2013

Spese condominiali: no all’opposizione al decreto ingiuntivo se non si impugna la delibera nei 30 giorni

Non si può contestare la ripartizione delle spese condominiali, presentando opposizione al decreto ingiuntivo notificato dall’amministratore, se prima non si è impugnata la delibera assembleare che approva i relativi oneri. 
Tale delibera, infatti, va opposta – in modo categorico – entro trenta giorni. 
A chiarire questo importantissimo aspetto in materia di riparto delle spese di condominio è il Tribunale di Milano in una recente sentenza. 
Dunque, meglio impugnare subito la delibera che ripartisce gli oneri condominiali, altrimenti non si può più contestare la successiva pretesa dell’amministratore, neanche attraverso un’opposizione a decreto ingiuntivo da quest’ultimo notificato. 

La vicenda 
Una società, proprietaria di un appartamento, aveva ricevuto un decreto ingiuntivo dall’amministratore di condominio per non aver pagato gli oneri condominiali relativi al riscaldamento, che erano stati a suo tempo ripartiti con apposita delibera dell’assemblea. 
La società ha presentato opposizione al decreto ingiuntivo, deducendo di essersi già da tempo staccata dal servizio. 
Il Tribunale però ha rigettato la richiesta della società proprietaria per non aver quest’ultima impugnato, nei trenta giorni dall’approvazione, il verbale assembleare. La motivazione della sentenza.
Il Tribunale di Milano ha precisato che il giudice non può sindacare la validità delle delibere dell’assemblea e, quindi, la ripartizione degli oneri condominiali se non si è impugnata la delibera stessa. 
Dunque, la contestazione sollevata nell’opposizione al decreto ingiuntivo risulta essere tardiva e, quindi, non accoglibile. 

(www.laleggepertutti.it)

Smarrimento del bagaglio: risarcimento del danno da vacanza rovinata

Incubo di ogni turista in attesa della propria valigia davanti al nastro scorrevole, lo smarrimento del bagaglio è uno degli inconvenienti più frequenti – e più spiacevoli – lamentati dai viaggiatori. Il disappunto è ancora maggiore se, proprio per evitare preoccupazioni, si è affidata l’organizzazione del viaggio a un professionista del settore (un tour operator oppure un venditore di pacchetti turistici).

In caso di vacanze rovinate, il Codice del Consumo [1] dà la possibilità al consumatore di chiedere il risarcimento dei danni subiti direttamente all’organizzatore o al venditore del viaggio, anche quando la responsabilità è materialmente attribuibile a un soggetto diverso dall’operatore turistico (per esempio, il vettore aereo nel caso di smarrimento bagagli, l’albergatore nel caso di alloggi inadeguati, il ristoratore, ecc..)[2].

Nulla vieta, comunque, al consumatore di agire anche contro il diretto responsabile del disservizio, allo scopo di superare le clausole che fissano un tetto massimo alla somma risarcibile dai tour operator e che sono spesso inserite nei contratti di acquisto di pacchetti di viaggio.

Quanto alle voci di danno, la Cassazione già da molto tempo ammette il diritto del turista-consumatore a ottenere, oltre al risarcimento del pregiudizio puramente economico (il danno patrimoniale), anche il risarcimento del danno da vacanza rovinata, che si produce quando il viaggio, anziché essere un’occasione di piacere e relax, si trasforma in una fonte di stress e di disagio per il consumatore.

L’indennizzo per tale tipologia di danno prescinde da una reale perdita economica (si parla di “danno non patrimoniale”) [3] e per ottenerlo è sufficiente provare di essere stati vittime di un disservizio rilevante (come, appunto, la perdita del bagaglio).

In applicazione dei principi appena esposti, il Tribunale di Reggio Emilia, in una recente pronuncia [4], ha accolto il ricorso di due coniugi il cui bagaglio era stato smarrito all’inizio del viaggio di nozze, condannando il tour operator e la compagnia aerea a risarcire sia il pregiudizio economico (derivante dalla perdita dei propri oggetti personali), sia il danno da vacanza rovinata subito dai neosposi.

Nel calcolare l’ammontare del risarcimento inoltre, il Tribunale emiliano, in linea con le recenti pronunce della Corte di Cassazione sul tema [5], ha valutato la particolare gravità del danno da vacanza rovinata, verificatosi nel corso di un’occasione irripetibile e carica di aspettative come la luna di miele.

[1] Art. 97 del Codice del Consumo
[2] Cass. sent. n. 24044/2009 del 13.11.2009
[3] Art. 2059 cod. civ.. ed artt. 2 e 32 della Costituzione
[4] Trib.di Reggio Emilia, sent. n. 279 del 23.02.2013
[5] Cass. sent. n. 7256/2012 del 11.05.2012

(www.laleggepertutti.it - Avv.to Lidia Leucci)

Vacanze rovinate: come difendersi una volta tornati a casa

L’acquisto di una vacanza rivelatasi in tutto o in parte diversa da quanto promesso dai dépliant delle agenzie non è solo fonte di stress e disappunto per i soldi spesi, ma può essere anche causa di rimborso di quanto pagato e, anche, di risarcimento per la mancata occasione di divertimento e relax. Per ottenere riconoscimento delle proprie ragioni però è necessario compiere alcuni passi formali. 

La diffida 
Innanzitutto, al rientro dalla vacanza, si deve scrivere tanto all’agenzia di viaggi quanto al tour operator informandoli delle circostanze e dei fatti che hanno contribuito a rendere il soggiorno in tutto o in parte diverso da quanto promesso. La lettera deve contenere anche una esplicita richiesta di rimborso. Detto reclamo è da farsi per iscritto tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o con altro mezzo in grado di garantire la prova dell’avvenuto ricevimento (come ad esempio la posta elettronica certificata) e deve essere inviato entro 10 giorni lavorativi dal rientro a casa. 

La causa 
Se il reclamo non porta all’esito sperato, si potrà citare in giudizio il tour operator e l’agenzia di viaggi per ottenere il risarcimento del danno connesso alle relative responsabilità. Da un lato si potranno chiedere i danni dovuti all’inadempimento delle prestazioni turistiche promesse e non mantenute; dall’altro si potrà vedere riconosciuto il danno causato dallo stress e disagio per non aver potuto godere pienamente della vacanza. Attenzione però al trascorrere del tempo: la causa può essere iniziata solo entro un anno dal rientro del viaggiatore nel luogo di partenza tranne nel caso in cui quest’ultimo abbia subito un danno alla persona, nel qual caso invece si ha tempo fino a tre anni dal ritorno a casa. 

La prova 
Per fare causa il viaggiatore deve provare innanzitutto di essersi avvalso dei servizi resi dall’agenzia e dal tour operator. Perciò dovrà produrre copia del contratto firmato contenente tutte le prestazioni, i servizi offerti nel corso della vacanza (trasporti, il soggiorno in albergo, il servizio spiaggia, eventuali escursioni, animazione, accesso a monumenti, mostre, esposizioni, ecc.) e il relativo prezzo.
In secondo luogo il turista deve provare di quanti e quali servizi offerti nel pacchetto vacanza da lui acquistato è stato impossibile usufruire o si è potuto usufruire soltanto in parte. A questo proposito, molto utile per documentare l’inadempimento può rivelarsi scattare fotografie dei luoghi e delle condizioni in cui certi servizi si presentavano all’arrivo onde procedere a raffronto comparativo con quanto contenuto nei dépliants, nelle brochures e nei cataloghi visti in agenzia. Altro mezzo per precostituirsi una prova degli eventuali inadempimenti è contestare immediatamente per iscritto alla struttura ospitante le mancanze rilevate nei servizi offerti, magari raccogliendo qualche testimonianza di altri turisti che hanno condiviso la medesima esperienza. Infine, nel caso in cui i disservizi lamentati abbiano portato un aggravio di spesa per il viaggiatore, deve essere sua cura allegare al ricorso tutte le fatture e le ricevute attestanti in generale le spese sostenute per il viaggio di cui non si è potuto godere pienamente, nonché quelle che dimostrino le ulteriori spese che si sono dovute affrontare per far fronte agli inadempimenti contestati: diversa sistemazione alberghiera, ulteriori biglietti per i trasporti e più in generale qualunque somma che si è dovuto sborsare per garantirsi un servizio in origine promesso e non mantenuto.

(Avv.to Braiato Enrico - www.laleggepwertutti.it)

Compensi notaio: non dovute somme extra per i controlli sull’acquisto casa

Quando si acquista casa, il notaio non si deve limitare alla stipula dell’atto pubblico, ma deve anche effettuare tutti quei controlli necessari per meglio tutelare l’acquirente dell’immobile. Per quest’attività non può richiedere un compenso aggiuntivo: si tratta infatti di una sua normale attività di indagine, rientrante nella prestazione professionale ordinaria per cui è già pagato.

Secondo Cassazione [1], il compenso supplementare cui ha diritto il notaio riguarda solo le prestazioni straordinarie e non anche quelle indispensabili per la formazione e validità dell’atto, tra cui le prestazioni richiedenti normale indagine giuridica. Vanno ricondotte al concetto di normalità (per cui non è dovuto un compenso extra) tutte quelle attività che, in modo obiettivo, non comportano un particolare impegno professionale.

Sempre la Cassazione [2] ha distinto, in un’altra sentenza, i confini tra attività straordinarie e attività ordinarie nell’ambito della stipulazione di una compravendita immobiliare, al fine di stabilire quale attività dia diritto a un compenso supplementare.

Attività per la quale non è dovuto un compenso straordinario [3]
1) Verifica di esistenza di ipoteche o atti pregiudizievoli nei Pubblici Registri;
2) Esistenza di iscrizioni di procedure esecutive o pignoramenti;

Attività per la quale è dovuto un compenso straordinario
1) Notifica dell’atto in caso di accollo di mutuo alla banca.

[1] Cass. sent. n. 1483 del 1979.
[2] Cass. sent. n. 11141/13 del 10.05.2013
[3] Cass. sent. n. 20991/12 del 27.11.2012.

(www.laleggepertutti.it - Dott. Paolo Florio)

Disservizi in aeroporto: prontuario dei diritti di chi viaggia in aereo

Per l’utente di qualsiasi tipo di volo (di linea, charter, low cost) valgono la Carta dei diritti del passeggero e la Carta dei Servizi di ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) che, nell’illustrare i diritti degli utenti del servizio di trasporto aereo, fanno riferimento alla normativa comunitaria [1] a patto, però, che ricorra una delle seguenti condizioni:

- il volo sia in partenza da un aeroporto dell’Unione Europea;

- il volo abbia come destinazione un aeroporto dell’Unione Europea e, al tempo stesso, sia operato da una compagnia aerea comunitaria.

Imbarco negato
Il disservizio tipico del periodo estivo consiste nella presenza all’imbarco di un numero di passeggeri superiore rispetto ai posti disponibili sull’aereo. È conseguenza del cosiddetto overbooking, ossia della prassi, seguita dalle compagnie aeree, di accettare prenotazioni anche oltre il numero di posti disponibili: ciò perché, secondo le statistiche, una certa percentuale di soggetti che hanno prenotato, spesso non si presentano all’imbarco.

Il dato però è solo statistico, e, quindi, soprattutto nel periodo di alta stagione, è possibile che all’imbarco quasi tutti coloro che avevano prenotato siano presenti.

Se il numero dei presenti supera quello dei posti disponibili sull’aereo, la compagnia aerea, innanzitutto, verifica la disponibilità di alcuni a rinunciare al volo, eventualmente in cambio di benefici da concordare (solitamente il rimborso del biglietto e/o la cosiddetta “riprotezione” sul primo volo disponibile).

Se ciò non basta, la compagnia aerea deve per forza lasciare qualcuno a terra.

Chi resta a terra ha i seguenti diritti:
- diritto al rimborso del biglietto aereo;
- diritto ad una compensazione pecuniaria calcolata in base alla natura della tratta (intracomunitaria o internazionale) e alla sua distanza (l’ammontare oscilla fra € 250 ed € 600), che però è dimezzata se al passeggero sia stata offerta la possibilità di viaggiare su volo alternativo con differenza di orario, rispetto a quello prenotato, non superiore a 2, 3 o 4 ore a seconda del tipo di volo;
- la cosiddetta “riprotezione” sul primo volo disponibile;
- l’assistenza commisurata al periodo di attesa del nuovo volo (pasti, bevande, sistemazione in albergo, chiamate telefoniche);
- il rispetto da parte della compagnia aerea di tali diritti del passeggero non esclude che quest’ultimo possa rivolgersi ad un legale per valutare una richiesta di risarcimento dei danni eventualmente subiti.

Cancellazione del volo
In caso di cancellazione del volo occorre, innanzitutto, stabilire se ciò sia dipeso da avverse condizioni metereologiche, ragioni di sicurezza, scioperi, oppure da altro fattore.

Nella prima ipotesi, al passeggero si prospetta la scelta fra la “riprotezione” sul primo volo disponibile, oppure il rimborso del biglietto, con diritto in ogni caso all’assistenza (sempre in termini che variano a seconda delle particolari circostanze del caso).

Nel secondo caso, invece, al passeggero si prospetta la scelta fra la “riprotezione” sul primo volo disponibile, oppure la rinuncia al volo.

Se sceglie la “riprotezione”, ha diritto anche alla compensazione pecuniaria e all’assistenza, come nel caso di negato imbarco.

Se rinuncia al volo, ha diritto al rimborso del biglietto, alla compensazione pecuniaria e all’assistenza.

Anche in caso di cancellazione del volo, il rispetto da parte della compagnia aerea dei richiamati diritti del passeggero non esclude che quest’ultimo possa rivolgersi ad un legale per valutare una richiesta di risarcimento dei danni eventualmente subiti.

Ritardo prolungato
L’utente non ha diritti conseguenti al mero ritardo.

I diritti sorgono solo in caso di ritardo prolungato per determinati periodi di tempo che variano a seconda della distanza in km del volo.

In ogni caso, occorre che il ritardo sia superiore a 2 ore.

Nei casi in cui il ritardo supera i limiti stabiliti, il passeggero ha diritto di ricevere assistenza per attenuare gli inevitabili disagi.

Ma non solo.

Quando il ritardo in partenza è superiore alle 5 ore, al passeggero spetta anche la compensazione pecuniaria, ed ha diritto di chiedere il rimborso del biglietto non usato.

Quando il ritardo all’arrivo è superiore alle 3 ore, spetta la compensazione pecuniaria.

Anche in caso di ritardo prolungato del volo, il rispetto da parte della compagnia aerea dei richiamati diritti del passeggero non esclude che quest’ultimo possa rivolgersi ad un legale per valutare una richiesta di risarcimento dei danni eventualmente subiti.

Cambio di sistemazione sull’aereo
Può capitare che al passeggero, al momento dell’imbarco, sia proposta sull’aereo una sistemazione diversa da quella prenotata.

In tal caso, se viene offerta una sistemazione in classe superiore al passeggero non spetta nulla.

Se, invece, viene offerta una sistemazione in classe inferiore ha diritto a ricevere entro 7 giorni ad un rimborso che varia dal 30% al 75% del prezzo del biglietto, a seconda del tipo e della distanza della tratta.

Problema con i bagagli
Il passeggero che, giunto a destinazione, non trovi il proprio bagaglio o lo trovi danneggiato, prima di lasciare l’area di riconsegna bagagli deve denunciare tale disservizio presso gli uffici “lost and found” dell’aeroporto compilando un apposito modulo.

Trascorsi 21 giorni dalla denuncia, se il bagaglio non è stato ritrovato, il passeggero ha diritto ad un risarcimento che varia a seconda degli accordi internazionali sottoscritti dalla compagnia aerea e che può raggiungere i 1.164 euro totali, o i 19 euro al kg.

Inoltre, se il passeggero si è trovato in un luogo diverso dalla propria città senza il proprio bagaglio per oltre 24 ore, alcune compagnie aeree prevedono anche un rimborso delle spese urgenti affrontate.

[1] Regolamento C.E. n. 261 del 2004.

(Avv.to Giacomo Guerrini - ww.laleggepertutti.it)

Equitalia, nessun limite di privacy: legittime le richieste di info ai clienti del debito

Nessun limite alle indagini del fisco che invia ai clienti del professionista o dell’imprenditore dei questionari da compilare per acquisire informazioni sui redditi del contribuente che non ha pagato le cartelle esattoriali. In questi casi, non c’è alcuna violazione della privacy. A dirlo è la stessa Cassazione, nella sentenza 17203 del 11 luglio 2013

In particolare, Equitalia spedisce tali questionari che sono rivolti ad accertare se il debitore dell’erario abbia un credito nei confronti di tali soggetti, che così verrebbero sottoposti al pignoramento presso terzi da parte di Equitalia.

Insomma, quando il debitore appare senza redditi, il fisco tenta il pignoramento dei crediti non ancora riscossi direttamente dai clienti. Secondo la Suprema Corte, nel richiedere a questi ultimi informazioni circa le fatture ancora da pagare non c’è alcuna violazione della privacy. E ciò essenzialemte per due ragioni: innanzitutto, i dati acquisiti dai clienti non sono dati sensibili. In secondo luogo, l’attività dei concessionari della riscossione ha rilevanza pubblica e quindi può ben operare al di là delle barriere delle norme sulla privacy.

(www.laleggeoertutti.it)

venerdì 12 luglio 2013

UNICREDIT MULTATA CON 250.000 EURO PER COMPORTAMENTO SCORRETTO E PUBBLICITA' INGANNEVOLE

I fatti: nel periodo fra metà maggio e metà giugno dello scorso anno (2012) Unicredit ha diffuso una campagna promozionale ingannevole e relativa al CONTO RISPARMIO SICURO che recitava così “La vita è fatta di alti e bassi, affrontala dando sicurezza ai tuoi risparmi, entra in Unicreditm trovi Conto Risparmio Sicuro, il tro capitale è garantito e cresce nel tempo”. Nella stessa pubblicità venivano evidenziate le caratteristiche precipue di “capitale garantito” e “fino al 7%”.

AGCM – Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - ha analizzato la campagna pubblicitaria ritenendola scorretta ed ingannevole e tale da indurre in errore l'utente bancario. “I messaggi lasciavano intendere che il tasso massimo fosse indicativo del rendimento complessivo del prodotto, mentre invece indicava solo il tasso di interesse riconosciuto nell'ultimo anno, dopo un vincolo di 5 anni”.

Nel messaggio non si menzionava nemmeno l'esistenza di un vincolo minimo di 18 mesi.

INVESTIMENTI. Lente di ingrandimento su sfondo con termini differenti associazione. Illustrazione vettoriale.   Archivio Fotografico - 9026126In pratica si tratta di un prodotto che ha rendimento crescente per anno di possesso. Chi detiene il prodotto per 5 anni ha un rendimento lordo del 7% ma solo per il quinto anno. Questo significa che il rendimento effettivo scende dal 7% al 4% lordo annuo.

Questa notizia deve aiutare i consumatori ed utenti bancari a comprendere che è sempre meglio approfondire dettagliatamente il pacchetto che l'Istituto Bancario intende proporci.

Pochi sanno che la normativa attuale prevede la possibilità per l'utente bancario di richiedere un foglio informativo del prodotto prima della sottoscrizione, un foglio informativo che è possibile portare tranquillamente a casa e controllare nel dettaglio prima di procedere alla sottoscrizione del prodotto.

Molti sono ancora timorosi nel chiedere un proprio diritto... Troppi siglano con troppa facilità documenti scritti in caratteri microscopici senza leggerne il contenuto...

Purtroppo spesse volte arrivano le brutte sorprese, come quella appena menzionata.

Il consiglio.... fatevi aiutare.

La nostra associazione ha uno sportello dedicato per le problematiche bancarie ed assicurative.



SCOPERCHIATO IL VASO DI PANDORA DELLA DEUTSCHE BANK: MILIARDI DI EURO DI PRESTITI ''OPACHI'' (COINVOLTA MPS!)

Berlino - Concedendo prestiti ad alto rischio con mezzi ai limiti della legalità a diverse banche internazionali, Deutsche Bank ha guadagnato miliardi di dollari dal 2008 a oggi, senza mai rivelare il pericoli sottostanti che l'attività comportava.

Da anni tra i tre maggiori mercati del credito al mondo, l'istituto di credito ha trovato un metodo per tenere gli investitori sempre all'oscuro dei rischi insiti in queste operazioni. La prima banca tedesca è riuscita a prestare denaro a societa' finanziarie dal Brasile all'Italia facendo scomparire le attività sospette dai suoi bilanci, anche se ancora doveva avere indietro i suoi soldi. 

Lo rivela Bloomberg, citando quattro fonti a conoscenza delle pratiche sospette. Le persone contattate dall'agenzia di stampa sostengono di aver avuto accesso a documenti riservati. Si tratta di operazione opache e molto complesse, per un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro. Coinvolte Monte dei Paschi di Siena e Banco do Brasil SA. La tecnica consentiva di nascondere la fonte del prestito originale, mentre Deutsche Bank inviava denaro agli istituti di Italia e Brasile. 

Anche Dexia doveva ottenere linee di credito con questo metodo eterodosso, appena qualche settimane prima del salvataggio della banca franco-belga dal crack. I prestiti figurano tra i 395,5 miliardi di euro di asset che Deutsche Bank ha escluso dalle sue voci di bilancio, compensandole con passività equivalenti. 

Ma le autorità di controllo dov'erano? Come è stato possibile tutto ciò? (WSI-Bloomberg)

(www.ilnord.it - 11/07/2013)

Fornero denunciata per mobbing sociale: arriva la ribellione di 191 esodati

Detto fatto: arriva la denuncia contro l’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero per mobbing sociale. Tutto questo perché la Riforma delle Pensioni, secondo la Ragioneria di Stato, ha prodotto 314.576 esodati, di cui solo 130mila sono stati salvaguardati nel raggiungimento della pensione. La denuncia parla di risarcimento dovuto e di danno psicologico da patema d’animo. E i tutelati non se la sono vista meglio.

ESODATI CONTRO LA FORNERO - I non salvaguardati sono 184.500 e proprio da loro è partito l’esposto contro il Ministro. La notifica della denuncia al Ministero è arrivata il 13 giugno di quest’anno.

Come si sono organizzati? Si sono costituiti in comitati (contributori volontarie Quindicenni) e hanno presentato a nome delle persone giuridiche la denuncia al ministro.

fornero denunciata da esodatiLe cose ora stanno così: sono ormai partite le prime pratiche di salvaguardia, sullo scaglione di 65.000 relativo al primo iter legislativo (in totale gli interventi sono stati tre), e ora l’Inps mette i numeri online: sono 11mila ad oggi ad aver ricevuto la pensione.

Sulla denuncia ha invece spiegato tutto Francesco Flore, portavoce dei Contributori Volontari: “Sono serviti sei mesi per mettere assieme i documenti, tra cui i certificati medici di tanti esodati che hanno sofferto di patologie psicologiche derivanti dall’enorme stress subito”. Ci scrivono: “La Riforma Fornero delle pensioni, è ormai di pubblico dominio, era finalizzata a fare cassa immediata e ha finito per stravolgere la vita di centinaia di migliaia di persone. Si tratta di un procedimento giudiziale prima di tutto di natura dichiaratamente etico-morale ed è importante sottolineare che gli attori in giudizio chiedono un simbolico risarcimento danni di 10.000 euro ciascuno, che sarà quasi totalmente devoluto ad una costituenda associazione senza fini di lucro, con il fine di sostenere le famiglie indigenti dei colpiti dalla riforma previdenziale Monti-Fornero”.

Il ministro del lavoro Giovannini ha voluto precisare nell’imminenza di una ricognizione della platea. “Sia ben chiaro che la denuncia attiene esclusivamente all’operato del precedente Ministro”, ci scrivono gli esodati. “E non certamente del ministro Giovannini che, ne siamo certi, ed anche a seguito dei solenni impegni presi dal Presidente Letta nelle sue dichiarazioni programmatiche, si impegnerà proficuamente per risolvere alla radice il dramma dei cosiddetti esodati”.

LA RABBIA DEI 191 - Centonovantuno sono gli esodati coraggiosi che hanno partecipato attivamente alla denuncia. Altri 73 invece sono starti soltanto sostenitori. Hanno firmato l’atto di citazione del risarcimento del danno morale da sofferenza e patema d’animo seguito dallo studio legale Alleva di Bologna.

Sei mesi ci sono voluti per il raccoglimento del materiale che verrà man mano allegato nel procedimento civile durante le varie fasi.

Sono i comitati a spiegarci il perché del patema d’animo: “Il procedimento chiede il risarcimento del danno morale causato dalla gestione negligente, imperita ed assolutamente dilettantesca di questa riforma, che ha procurato un continuo allarme sociale e psicologico nei soggetti interessati dai provvedimenti in esame, mediante uno stillicidio di dichiarazioni e controdichiarazioni formali, ordini e contrordini, una vera e propria sequela di ‘docce gelate’ ininterrotta durata mesi e mesi e fatta di promesse (poi mancate) che, nel loro insieme, hanno letteralmente demolito la tenuta nervosa degli attori. Vi sono state, addirittura, in questa triste vicenda della politica italiana, le finali pubbliche ammissioni di un ministro del lavoro che ha candidamente confessato di essersi sbagliato nel computo dei soggetti esodati”.

POCHI SALVAGUARDATI - Sono loro stessi a raccontare l’inferno patito durante l’anno del Governo di Mario Monti. Una esigua parte di loro è stata sottoposta a vere e proprie lotterie nelle quali veniva estratto il diritto alla pensione.

Dovevano essere rispettate cavillose e capziose condizioni studiate a tavolino per escludere decine di migliaia di cittadini dal legittimo diritto alla pensione.

“Il senso della azione civile contro il Ministero del Lavoro – ha dichiarato ancora Francesco Flore- è quello di richiedere il risarcimento del danno morale patito in questi lunghi mesi. Con questo atto intendiamo pertanto chiamare il ministro responsabile a rispondere, nella sede più adeguata, del suo grave operato contro decine di migliaia di famiglie italiane”. 

Viviana Pizzi - 11 luglio 2013 - www.infilitrato.it

CLAMOROSO: I MAGISTRATI SCOVANO IN INGHILTERRA LE PROVE CHE INCHIODANO TUTTI I VERTICI DI MPS, MA PROPRIO TUTTI!

ROMA - A pochi giorni dalla chiusura della indagini preliminari, arriva ad una svolta l'inchiesta della Procura di Siena sull'acquisizione di Antonveneta da parte di Mps: il pm senese Aldo Natalini, accompagnato da ufficiali della Guardia di Finanza, ha compiuto una rogatoria in Gran Bretagna, trovando conferme significative alle argomentazioni dell'accusa, con conseguente aggravamento della posizione degli indagati.

Alla presenza di magistrati inglesi e assistito da un ufficiale della Guardia di Finanza di collegamento tra Italia e Gb e da militari del nucleo speciale di polizia valutaria delle Fiamme Gialle, il pm Natalini ha interrogato alcuni funzionari di JP Morgan sull'operazione di acquisizione di Antonveneta e sull'emissione del Fresh da un miliardo indicato dai vertici della banca senese come aumento di capitale.

I funzionari di JP Morgan - secondo quanto e' trapelato - avrebbero confermato i sospetti dei pm e della Guarda di Finanza, spiegando che quel Fresh era in realta' consistito in un prestito vero e proprio e non in un aumento di capitale. Tale finanziamento e i contratti collegati (indemnity) - sempre secondo l'accusa - sarebbero stati sempre tenuti nascosti agli organi di vigilanza.

La rogatoria in Gb - che ha fatto seguito ad un'altra rogatoria compiuta di recente in Spagna - potrebbe essere stata uno degli ultimi atti prima della chiusura delle indagini preliminari, che dovrebbe avvenire entro fine mese, sulle presunte irregolarita' relative all'acquisizione di Antonveneta, che Mps compro' nel 2008 pagando 9,3 miliardi di euro al Banco Santander di Emilio Botin che, solo 3 mesi prima l'aveva comprata per 6,6 mld.

Gli indagati dovrebbero essere una ventina: tra questi i nomi principali sono quelli dell'ex presidente e dell'ex dg del Monte, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, dell'ex responsabile dell'area finanza Gianluca Baldassarri (l'unico tra gli indagati in carcere ormai da oltre 3 mesi) e, tra gli ultimi iscritti nel registro degli indagati, l'ex manager executive per Europa e Medioriente di banca Nomura Sadeq Sayeed e l'ex responsabile per l'Italia dell'istituto giapponese Raffaele Ricci.

Sono stati sequestrati complessivamente beni per oltre 40 milioni, anche se quello piu' pesante (1,8 mld) chiesto per Nomura ha avuto uno stop dal gip e ora occorrera' attendere il riesame e, quasi certamente, la Cassazione. Dall'inchiesta principale sono derivati anche altri filoni investigativi, tuttora all'esame della procura di Siena.

Tra questi, quello relativo alla cosiddetta 'banda del 5%', la percentuale che, per l'accusa, Baldassarri e alcuni personaggi a lui legati (dentro e fuori la banca) si sarebbero fatti dare da chi voleva fare affari con il Monte; e quello per la ristrutturazione del derivato Alexandria - operazione fatta con Nomura che per i magistrati nasconde i reati di usura e truffa aggravate - e su altri prodotti finanziari simili.

Sembrano destinati ad una richiesta di archiviazione altri due filoni investigativi dei pm senesi: quello su un'ipotesi di insider trading (aperta i primi di marzo dopo una denuncia dei nuovi vertici di Mps) e quello sulla morte di David Rossi, l'ex capo area comunicazione gettatosi dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni la sera del 6 marzo scorso. A Siena, intanto, il nodo dell'abolizione del tetto di voto del 4% per i soci Mps, che l'Assemblea della banca dovra' votare il 18 luglio, approda prima in Consiglio comunale e surriscalda gli animi delle forze politiche. (ANSA).

venerdì 5 luglio 2013

ENEL ENERGIA: 800 € RESTITUITI AL NOSTRO TESSERATO

Bollette... che passione.
Questo per sintetizzare la storia del nostro associato che decidiamo di chiamare, fantasiosamente, Pietro.
Pietro accusa, nel 2010 e prima di cambiare gestore, alcune bollette anomale che prontamente contesta! La contestazione era dovuta e sacrosanta, c'era stata persino l'intervento di un tecnico che aveva certificato sia la lettura che la funzionalità del contatore.
Tre anni di contestazioni, di mancate risposte, di solleciti di pagamento, di contatti e comunicazioni del recupero crediti... contatti anche arroganti, sicuramente presuntuosi e indiscutibilmente poco professionali.
Pietro potrà anche essere un cattivo pagatore... chi non lo è di questi tempi...
Ma Pietro è diventato un cattivo pagatore per un errore palese di Enel Energia che rifiuta di rimediare da tre anni.
Pietro incontra A.E.C.I. e nel giro di tre settimane si ritrova con lo sgravio riconosciuto ed il Suo assegno da € 800,00 in mano...

Chiunque vivesse disservizi di questo tipo può rivolgersi al nostro sportello.


Arriva la quattordicesima sulle pensioni

Boccata di ossigeno per pensionati e disagiati: è in arrivo la quattordicesima mensilità sulla pensione. A comunicarlo è l’Inps con il messaggio n. 10462/2013.

La somma aggiuntiva viene attribuita insieme alla pensione di luglio a coloro che, al 31 luglio 2013, hanno un’età maggiore o uguale a 64 anni e che risultino in possesso dei requisiti reddituali previsti.
Il bonus è determinato in funzione dell’anzianità contributiva maturata.

Per ottenere la “quattordicesima”, il beneficiario non deve possedere un reddito complessivo superiore a 1,5 volte il trattamento minimo Inps. A tal fine si tiene conto dei redditi di qualsiasi natura (inclusi i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva, ad eccezione sia dei redditi derivanti dagli assegni familiari e dall’indennità di accompagnamento, sia del reddito della casa di abitazione, dei T.F.R. e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata).

Tale somma aggiuntiva è corrisposta in via provvisoria; il relativo diritto viene verificato sulla base della dichiarazione dei redditi definitiva.

La quattordicesima non costituisce reddito imponibile.
(www.laleggepertutti.it)

Suicidio del malato di Alzheimer e responsabilità della casa di riposo

Rispondono del suicidio del paziente affetto dal morbo di Alzheimer il direttore della casa di cura per anziani e l’operatore addetto all’assistenza, qualora non abbiano fatto tutto il possibile per evitare il tragico epilogo [1].

Nel momento in cui viene stipulato il contratto (atipico di spedalità) con cui l’anziano è assegnato alla struttura, si genera una posizione di garanzia in capo ai soggetti apicali e ai loro dipendenti: essi non dovranno occuparsi solo di prestare al paziente le cure mediche di cui egli ha bisogno, ma anche di effettuare tutte le (altre) prestazioni finalizzate al benessere e alla sicurezza della persona sottoposta al controllo dell’istituto. Tra queste si collocano tutte le attività e le scelte logistiche idonee a scongiurare episodi di autolesionismo da parte dell’anziano [2].

Altresì, a nulla vale, per quanto concerne la responsabilità penale dell’operatore assistenziale, che egli non fosse specificamente e professionalmente “indottrinato” sul rischio che una persona con disagio psichico potesse tentare il suicidio, in quanto una fredda erudizione a tal riguardo può essere sostituita dalla lunga esperienza dell’assistente stesso presso la struttura, avendo egli avuto a che fare con molti casi simili dai quali doveva trarre la regola precauzionale violata [3].

[1] Cass. pen., 31 maggio 2013, n. 23661.
[2] La teoria della posizione di garanzia (sostanziale) si oppone alla teoria del “trifoglio” (formale). Entrambe mirano a rintracciare il fondamento della punibilità del soggetto che, dovendo intervenire a tutela di un terzo in presenza di una situazione di pericolo, ometta tale intervento. Mentre la seconda ritiene che il dovere di agire si debba ricercare nella legge, in un contratto o in una precedente azione pericolosa del soggetto poi rimasto inerte, la prima ritiene che il fondamento del dovere di attivarsi risieda in una posizione di controllo (con la conseguenza che egli ha il compito di proteggere tutti i consociati da particolari fonti di pericolo), di protezione (egli dovrà proteggere particolari soggetti da tutte le fonti di pericolo), o di dover evitare che, nei riguardi di un soggetto, vengano compiuti, da parte di terzi, fatti costituenti reato. Nel nostro ordinamento, le due teorie sono “fuse” in una teoria intermedia: si dice che il dovere scaturisca dalle fonti formali prima citate, ma che al contempo si debba fare i conti con la “concreta presa in carico” del bene giuridico da proteggere. Es. se la babysitter stipula un contratto con i genitori del piccolo, non si potrà dire che da tal momento abbia una posizione di garanzia nei confronti di quest’ultimo; ciò accadrà non appena la babysitter avrà fatto accesso all’abitazione dei coniugi prendendo concretamente in carico la cura del bambino.
[3] In senso contrario, Trib. Sassari 9 gennaio 2013 (ud. 14 dicembre 2012), Giud. Altieri, in Diritto Penale Contemporaneo, con nota di CLAUDIA SALE. Il tribunale si esprime in senso garantista, considerando plausibile che l’assenza di conoscenze adeguate abbia potuto rendere impossibile per le imputate la previsione del suicidio (nel caso concreto, di una donna malata di depressione), non richiedendosi alle stesse una diligenza maggiore al fine di rendere possibile tale previsione.
(art. del Dott. LOMBARDI Filipppo pubblicato su www.laleggepertutti.it)

giovedì 4 luglio 2013

Equitalia non può più pignorare in banca l’ultimo stipendio o pensione

Ulteriore stop ai pignoramenti di Equitalia per quanto riguarda le somme depositate in banca a titolo di ultimo emolumento del rapporto di lavoro o della pensione.

L’ultima forchettata, si sa, è sempre quella a cui si rinuncia meno volentieri: quasi fosse un’attesa che inizia a formarsi dal primo assaggio. L’estremo boccone quasi sempre serve per conservare in bocca il gusto dolce della torta.

La metafora gastronomica serve per capire le ragioni che hanno portato il legislatore a rendere, da oggi in poi, impignorabile, per Equitalia, l’ultimo emolumento accreditato sul conto corrente.

In particolare, il decreto del fare ha modificato la precedente disciplina in materia di pignoramenti sugli stipendi, di salario o di altre indennità dovute in base al rapporto di lavoro o di impego, comprese quelle per causa di licenziamenti, o a titolo di pensioni [1] che siano state versate sui conti correnti postali o bancari intestato al debitore.

Al riguardo, la nuova legge ha stabilito che, in presenza di somme dovute a tale titolo, gli obblighi di del terzo pignorato (la banca) non possono ricomprendere l’ultimo emolumento affluito su tale conto, che resta, pertanto, nella piena disponibilità del correntista.

Pertanto, seppure il resto del conto è bloccato, l’ultimo stipendio può essere liberamente prelevato dal contribuente cui sia stato eseguito in pignoramento presso terzi in banca.

Alla luce di tale previsione devono ritenersi superate le disposizioni impartite con la nota di protocollo n. 2013/4404 del 22.05.2013.

[1] Art. 72-ter DPR 602/1973

(fonte: WWW.LALEGGEPERTUTTI.IT)

IL GARANTE DEL CONTRIBUENTE. UTILE STRUMENTO PER I CITTADINI CONTRIBUENTI

L’art. 13 della legge 212/2000, recante “Disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente”, ha introdotto la figura del Garante del Contribuente ricorrendo in aiuto a “contribuenti” sollecitati continuamente da notifiche di cartelle esattoriali, tributi e non solo.

L’attività del Garante è, infatti, diretta sia a tutelare i diritti dei contribuenti lesi da atti e comportamenti degli uffici finanziari, sia a svolgere funzioni propulsive nei confronti dell’Amministrazione finanziaria affinché venga assicurato il sistema di garanzie previste dall’ordinamento tributario in favore del contribuente. Nello specifico, la legge gli riconosce il potere di intervenire ogni qualvolta, su segnalazione dell’interessato o d’ufficio, rilevi un comportamento degli uffici non conforme alle disposizioni o ai principi enunciati nello Statuto.

Il consumatore può rivolgersi al Garante inviando un’istanza contenente i propri dati segnalando eventuali disfunzioni, irregolarità, scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualsiasi altro comportamento suscettibile di pregiudicare il rapporto di fiducia tra i cittadini e l’Amministrazione finanziaria. Il Garante, al termine dell’attività svolta a seguito della segnalazione, ne comunica l’esito alla Direzione regionale o al comando di zona della Guardia di finanza competente nonché agli organi di controllo, mettendone a conoscenza anche l’autore della segnalazione.

Il Garante del Contribuente è un organo autonomo e collegiale composto da tre membri scelti tra tre tipologie di professionisti esperti di tematiche fiscali istituito presso ogni Direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate e costituisce un valido strumento di tutela e di mediazione tra i cittadini e l'Amministrazione finanziaria. Il Garante, anche sulla base di segnalazioni inoltrate per iscritto dal contribuente o da qualsiasi altro soggetto interessato:

• presenta richieste di documenti e chiarimenti agli uffici, i quali devono rispondere entro 30 giorni;
• rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi e li richiama al rispetto delle norme dello Statuto del contribuente o dei termini relativi ai rimborsi d'imposta;
• accede agli uffici stessi per controllare la loro agibilità al pubblico nonché la funzionalità dei servizi di informazione e assistenza;
• attiva l'autotutela;
• segnala norme o comportamenti suscettibili di produrre pregiudizio per i contribuenti;
• presenta una relazione semestrale al Ministro dell'Economia e delle Finanze.

Annualmente il Garante deve presentare direttamente al Governo e al Parlamento una relazione sull'attività svolta per fornire utili notizie e dati sullo stato dei rapporti tra fisco e cittadini, al fine di tutelare e rispettare i diritti del contribuente nel campo della politica fiscale. Fonte: Agenzia delle Entrate.                                   

L’attività del Garante è, infatti, diretta sia a tutelare i diritti dei contribuenti lesi da atti e comportamenti degli uffici finanziari, sia a svolgere funzioni propulsive nei confronti dell’Amministrazione finanziaria affinché venga assicurato il sistema di garanzie previste dall’ordinamento tributario in favore del contribuente. Nello specifico, la legge gli riconosce il potere di intervenire ogni qualvolta, su segnalazione dell’interessato o d’ufficio, rilevi un comportamento degli uffici non conforme alle disposizioni o ai principi enunciati nello Statuto.

lunedì 1 luglio 2013

La banca è responsabile dell’illecito commesso dal proprio dipendente

La banca è responsabile per il fatto illecito commesso dal proprio dipendente quando il danno causato al cliente è stato prodotto o anche solo facilitato da un comportamento riconducibile all’attività lavorativa affidata al lavoratore. 

Lo ha stabilito la Cassazione [sentenza 8210/2013] nell’ambito di un processo in cui il cliente aveva citato un istituto di credito, perché lo stesso fosse condannato alla restituzione di una somma di denaro prelevata dal conto corrente del risparmiatore da un dipendente della banca. La Legge [art. 2049 cod.civile] prevede che i padroni e i committenti, cioè i soggetti che utilizzano e dispongono del lavoro altrui (o per meglio dire i datori di lavoro) sono responsabili per i danni causati dai loro dipendenti nell’esercizio dei compiti a cui sono stati destinati. 

La banca è dunque responsabile per il danno commesso dal proprio dipendente tutte le volte che il fatto illecito subito dal cliente sia stato prodotto o agevolato da una condotta riferibile allo svolgimento dell’attività lavorativa. C’è inoltre la responsabilità della banca anche quando il dipendente ha operato, superando i limiti delle proprie mansioni o ha agito di nascosto, sempre che la sua condotta sia rimasta entro i confini dell’incarico affidato. 

(Avv.to Leonardo Serra - www.laleggepertutti.it)

Il cliente che disdice la camera dell’hotel non deve pagare nulla all’albergatore

Chi prenota una camera di hotel e poi è costretto a disdirla (qualunque sia la ragione) non è tenuto a pagare alcunché alla struttura alberghiera
La legge, infatti, non prevede alcun obbligo in capo al cliente per il recesso dalla prenotazione, salvo, ovviamente, che il contratto stipulato tra le parti preveda diversamente. 
La disdetta della camera di hotel è un’ipotesi che ricorre di frequente, spesso per chi fa numerosi viaggi. Ecco, dunque, tutto ciò che c’è da sapere in merito. Sebbene la prenotazione di una camera di hotel avvenga quasi sempre oralmente - molto spesso per telefono, ma anche mediante internet – essa realizza un vero e proprio rapporto giuridico tra albergatore e cliente. 
In virtù di questo rapporto, però, a rimanere obbligato è solo l’albergatore, tenuto a mantenere la disponibilità della camera in favore del cliente. 
Quest’ultimo, invece, in caso di disdetta anche all’ultimo minuto, non ha obblighi verso l’hotel e, quindi, non è tenuto ad alcun pagamento [Cassazione - sentenza n. 150/05]. 
Il contratto d’albergo, infatti, si perfeziona solo nel momento dell’arrivo del cliente presso la struttura. 
Tutte le attività precedenti sono semplicemente preparatorie. Tale aspetto assume notevole importanza nelle ipotesi (sempre più frequenti) in cui l’hotel, all’atto della prenotazione, chieda gli estremi della carta di credito del cliente. 
Nel caso, dunque, in cui quest’ultimo non sfrutti la prenotazione, sarà illegittimo qualsiasi prelievo dalla carta non autorizzato, salvo nell’ipotesi in cui si era convenuta espressamente una caparra.
Attenzione: il fatto che il cliente non sia tenuto a corrispondere alcunché all’albergatore per il caso di disdetta non implica che egli non debba comunque avvisare del mancato arrivo. Infatti, anche se non vigono specifici obblighi di legge, informare l’hotel della disdetta della prenotazione è comunque un comportamento imposto dalle regole di correttezza (oltre che di educazione). 
Spesso, per evitare di perdere sia il cliente, sia la disponibilità della camera, spesso l’albergatore si tutela con la clausola “Time Limit”: si tratta di una condizione con cui si avvisa il cliente che la camera verrà tenuta a sua disposizione fino a un determinato orario, dopodiché la prenotazione decade senza necessità di una preventiva diffida ad adempiere da parte dell’albergatore. 

La caparra 
Il contratto di albergo non riceve dalla legge una disciplina particolarmente dettagliata. Le parti, pertanto, possono “personalizzare” il contratto prevedendo clausole e condizioni diverse, non previste dalla legge. Nulla perciò impedisce all’albergatore di pretendere, al momento del ricevimento della prenotazione, il versamento di una caparra, soprattutto nel caso in cui la richiesta di permanenza nell’albergo, da parte del cliente, riguardi un soggiorno prolungato (per es. una prenotazione di più giorni nel mese di alta stagione). 
Solo nel caso in cui si sia concordata la caparra, l’ingiustificata disdetta della prenotazione garantisce all’albergatore di trattenere la caparra. L’importo della caparra è stabilito dalle parti. 
La caparra va concordata espressamente tra le parti.
 Pertanto, l’albergatore non può chiedere al cliente il numero della sua carta di credito a funzione di semplice garanzia per poi, in caso di recesso dalla prenotazione, prelevare una somma non previamente concordata. 

Il pagamento anticipato 
Non poche volte la genericità con cui sono regolati i contratti tra albergatore e cliente conducono questi ultimi in delle vere e proprie trappole. È il caso in cui l’albergatore chieda al cliente, all’atto della prenotazione, un pagamento anticipato (in una quota parte del prezzo complessivo o per l’intero). Attenzione: il pagamento anticipato non può essere considerato una caparra (per essere tale, infatti, come già detto, bisognerebbe menzionarla in modo esplicito). Dunque, l’eventuale anticipo, non avendo una funzione di garanzia nei confronti dell’albergatore, dovrà essere da quest’ultimo restituito al cliente in caso di disdetta, posto che il contratto non si è concluso

 (http://www.laleggepertutti.it)

Annullate le cartelle Equitalia se l’ente creditore non si attiva entro l’1 luglio

Dal 1° luglio le cartelle di pagamento inferiori a 2 mila euro, relative ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, saranno annullate automaticamente [1]. Questo significa, in parole povere, che tutte le richieste di pagamento inviate da Equitalia ai contribuenti, e che si riferiscano a ruoli anteriori al 1999 fino a 2000 euro (comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni), saranno “condonate” e non dovranno più essere pagate.

C’è un solo caso in cui questa sorta Mdi “sanatoria” non si verifica e cioè nell’ipotesi in cui l’ente creditore, ritenendo che vi siano ancora fondate possibilità di riscuotere il credito, si attivi per salvare la cartella esattoriale, notificando al debitore un atto ingiuntivo, in modo da poter riprendere l’attività di riscossione. Una recente circolare del ministero dell’economia e delle finanze [2], infatti, ricorda agli enti titolari del credito per cui Equitalia agisce (v. Inps, Agenzia Entrate, ecc.), che vogliano evitare l’annullamento automatico delle suddette cartelle, di intervenire tempestivamente per interrompere il termine di prescrizione e far ripartire così una nuova procedura di riscossione.

In assenza di tale intervento, l’annullamento sarà automatico, anche se il credito era già oggetto di controversia giudiziale.

Nel caso di crediti oggetto di contestazione davanti al giudice, non sarà necessario procedere alla notifica di un ulteriore atto ingiuntivo, poiché, per tutta la durata del giudizio, la decorrenza dei termini di prescrizione è sospesa.

[1] È quanto previsto dalla legge di stabilità (l. n. 228/2012).
[2] Circolare n. 29 del 7 giugno 2013.

(www.laleggepertutti.it - Dott.ssa Monteleone Maria praticante avvocato)

Debitore tormentato dal recupero crediti: danno da privacy violata

Recuperare un credito, di questi tempi, è un’impresa ardua: ma non per questo è lecito infrangere le regole poste a tutela della privacy del debitore. Su tale aspetto, invece, le società di recupero crediti hanno la “mano pesante”, spinte dall’esigenza di raggiungere gli “obiettivi di recuperato”. E così, spesso, le telefonate inoltrate al debitore, per convincerlo a saldare la morosità, lo raggiungono finanche sul posto di lavoro o a casa dei parenti.

In questo caso, non c’è dubbio che viene violata la riservatezza del cittadino il quale ha il diritto a mantenere segreta la propria posizione debitoria nei confronti dei terzi, specie parenti e colleghi.

Sulla scorta di tali condivisibili principi, il Tribunale di Chieti [1] ha accolto il ricorso di un consumatore nei confronti sia della banca (titolare del credito) che della società di recupero. Troppo insistenti erano state le telefonate e i messaggi sul lavoro e a casa dei familiari, tanto da costringere l’interessato a dover fornire spiegazioni a parenti e amici.

Secondo il giudice, in questi casi scatta il risarcimento del danno non patrimoniale. Tenuti all’indennizzo sono
- sia alla banca: su di essa, infatti, grava l’obbligo di vigilare sull’operato di chi ha incaricato per recuperare i propri crediti
- sia alla società di recupero: essa è infatti obbligata a verificare di poter utilizzare i numeri di telefono e le altre informazioni utili del debitore. Pertanto, se il cliente ha fornito alla banca solo alcuni numeri telefonici ove essere rintracciato, la società di recupero non può cercare di altri.

Non solo. Le società di recupero crediti non possono contattare il debitore in orari irragionevoli, con frequenza superiore al dovuto.

[1] Trib. Chieti, sent. n. 883/2012

(www.laleggepertutti.it)

Pignorabili integralmente pensione o stipendio versati sul conto corrente

Il limiti che la legge impone al pignoramento della pensione o dello stipendio non operano una volta che tali somme vengono versate sul conto corrente bancario. 
Da quel momento, infatti, detti proventi possono essere pignoranti integralmente. Come noto, la legge stabilisce un tetto massimo alla pignorabilità di pensioni e stipendi. Ma tale tetto vale solo quando tale procedimento viene fatto prima che le somme siano materialmente erogate al beneficiario: ossia quando il pignoramento è notificato direttamente al datore di lavoro o all’istituto di previdenza (Inps, per esempio). Tale limite è, in generale, di un quinto. 
Se però il creditore è lo Stato (e, per esso, Equitalia S.p.A.), il limite è così scaglianato: 
- un decimo, per retribuzioni/pensioni di importi da 0 a 2.500 euro; 
- un settimo, per retribuzioni/pensioni di importi da 2.500 euro a 5.000 euro; 
- un quinto, per retribuzioni/pensioni di importi da 5.000 in su. 

Tanto per fare un esempio, se una banca, creditrice di un proprio correntista, intende pignorare a quest’ultimo lo stipendio e notifica l’atto al suo datore di lavoro, tutte le mensilità successive al pignoramento verranno erogate con il 20% in meno del reddito. 
Tali limiti al pignoramento, però, non operano più se le somme vengono depositate dal lavoratore/pensionato sul proprio conto. Sul conto corrente, le somme sono pignorabili al 100%. È quanto ha avuto modo di ricordare, con una recente sentenza, il Tribunale di Napoli [Trib. Napoli, sent. del 28.05.2013]. 
Quella in commento è una decisione che segue un orientamento ormai costante in giurisprudenza. 

Secondo tale interpretazione, infatti, al momento del versamento della somma sul conto corrente, cessa il rapporto tra lavoratore/pensionato e l’ente pagatore. Al suo posto, nasce un rapporto completamente nuovo, quello tra banca e correntista, che non è soggetto ai limiti di pignorabilità previsti per il reddito o la pensione, e pertanto non subisce neanche i limiti alla pignorabilità. 

(www.laleggepertutti.it)