giovedì 25 settembre 2014

Recupero crediti: cosa può fare la finanziaria se non ho nulla

Il credito derivante da un finanziamento si prescrive in 10 anni, salvo ovviamente che, nel corso di suddetto periodo, siano state spedite, all’indirizzo del debitore, lettere interruttive della prescrizione (ossia diffide di pagamento). Queste ultime devono essere state spedite con raccomandate a.r., poiché la posta semplice, non garantendo la prova della ricezione, non vale a interrompere la prescrizione. Anche un eventuale atto giudiziario (come un ricorso per decreto ingiuntivo, un atto di citazione o un atto di precetto) è sufficiente a interrompere la prescrizione. L’interruzione della prescrizione (conseguente a una diffida o alla notifica di un atto giudiziario) ha l’effetto di far ricominciare da capo il calcolo dei termini della prescrizione.

Per esempio: se il credito è sorto nel 2000 e Lei ha ricevuto, nel 2005, una richiesta di pagamento con raccomandata a.r., la prescrizione del diritto non maturerà nel 2010, ma nel 2015.

Pertanto, per verificare se il creditore abbia o meno ancora diritto al recupero del credito sarebbe opportuno sapere in che data doveva essere restituito il finanziamento (è, infatti, da tale momento che cominciano a decorrere i 10 anni) e se, in tale periodo, Le sono stati notificati atti interruttivi della prescrizione.

Fatta questa opportuna precisazione, e fermo restando che il codice civile impone al debitore di adempiere alle obbligazioni contratte, è anche vero che, così come dicevano i latini, “nemo ad impossibilia tenetur” ossia: “nessuno può essere tenuto ad adempiere ad una obbligazione se non ha le possibilità economiche per farlo”. In altre parole, l’unica via che il creditore ha per recuperare il proprio denaro è quello di aggredire il patrimonio del debitore attraverso il pignoramento.

Vien da sé che se il debitore non ha un patrimonio o redditi, anche il pignoramento non sortirà risultati utili. La conseguenza – in termini pratici – è che, molto probabilmente, il creditore – dopo qualche tentativo risultato infruttuoso – rinuncerà al proprio credito (nessuna società – neanche una banca – ha soldi da perdere in procedure esecutive che non danno risultati).

Per quanto riguarda le Sue consistenze patrimoniali, è bene avvisarLa che qualsiasi reddito da lavoro dipendente può essere pignorato, ma nella misura massima di un quinto, ivi compreso quanto da Lei percepito, sebbene saltuariamente.

È pignorabile anche l’eventuale conto corrente nella sua interezza, ma in misura non superiore all’importo del debito contratto, a cui vanno aggiunte le spese legali e gli interessi. Il pignoramento potrebbe essere anche immobiliare (qualora Lei dovesse risultare titolare di immobili).

In ultimo – lo diciamo solo per completezza di consulenza, ma pur sempre augurandoLe lunga vita – qualora Lei dovesse decedere, i Suoi debiti non prescritti passerebbero automaticamente agli eredi, i quali ne risponderebbero integralmente con il proprio patrimonio (oppure, in caso di “accettazione dell’eredità con beneficio di inventario”, nei limiti del valore di quanto ereditato).

In estrema sintesi, la posizione di un nullatenente è – paradossalmente – più “favorevole” rispetto a chi detiene redditi, poiché è molto probabile che, nei Suoi confronti, alle continue insistenze dei call center di recupero crediti, non facciano seguito poi effettive azioni esecutive o giudiziarie.

Il consiglio, comunque, fermo restando il rischio del pignoramento di un quinto dello stipendio, è quello di scrivere sia alla società di recupero crediti (l’ultima che Le ha chiamato) sia, soprattutto, al creditore, rappresentando la Sua situazione patrimoniale ed economica (eventualmente allegando documentazione utile a provare quanto sopra) e invitando entrambi a desistere da ogni azione, poiché altrimenti risulterebbe solo un inutile spreco di tempo e di risorse economiche.

(www.laleggepertutti.it)

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