lunedì 21 ottobre 2013

Nulli d’ufficio tutti i contratti con la banca non trasparenti: grande vittoria dei consumatori

Un’importante precedente per la giurisprudenza, una storica vittoria per i consumatori: la Cassazione ha depositato una sentenza in cui ha precisato che la nullità di un contratto di fideiussione (e, più in generale di un qualsiasi contratto stipulato tra un privato cittadino e una banca) può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, quindi al di là dell’eventuale eccezione sollevata da consumatore. In altre parole, se il giudice si accorge che l’Istituto di credito ha fatto firmare al cittadino un atto negoziale poco trasparente e, per ciò, viziato, lo deve dichiarare nullo, anche se la parte in giudizio non l’ha espressamente chiesto o è decaduta dal diritto di chiederlo (nel caso di specie, la questione della nullità del contratto era stata posta, per la prima volta, in appello, violando il divieto di nuove eccezioni in secondo grado).
Secondo la Corte, infatti, deve sempre prevalere, rispetto alla formale applicazione delle regole del processo (che in determinati casi prevedono la decadenza delle parti dal sollevare eccezioni [2]), la necessità di non dare attuazione a un contratto ritenuto, dall’ordinamento, in violazione della legge e, in particolare, degli obblighi di informazione e trasparenza nei confronti del consumatore [3].

L’unico obbligo del giudice è quello di preservare la possibilità, per entrambe le parti, una volta che egli si sia accorto di un vizio del contratto che ne potrebbe determinare la nullità, di “dire la loro” in merito (cosiddetto principio del contraddittorio). Il che, in pratica, significa che il magistrato non può far piovere, dalla sera alla mattina, la propria decisione di nullità senza prima aver concesso anche alla banca – in questo caso interessata a conservare la validità del rapporto – la possibilità di difendersi.

La vicenda e l’importanza della sentenza

La questione decisa dalla Suprema Corte è assai importante perché spezza una rigida regola del processo sino ad oggi sempre applicata: il divieto di presentare nuove eccezioni in grado di appello se non già sollevate in primo grado.

Nel caso di specie, infatti, il cittadino aveva eccepito solo in secondo grado la questione della nullità del contratto di fideiussione perché, a suo dire, poco trasparente.

La banca si era opposta poiché tale eccezione non era stata sollevata in primo grado.

Il giudice però ha ritenuto di poter esaminare la validità del contratto da sé, senza bisogno della richiesta di parte: ciò per impedire che un contratto nullo, sul quale l’ordinamento esprime un giudizio di disvalore, possa spiegare i suoi effetti ai danni dei consumatori.

L’obbligo di esaminare d’ufficio la natura abusiva e la conseguente nullità e inapplicabilità di una clausola contrattuale era stato sottolineato, in passato, anche dalla Corte di Giustizia Europea [4].


[1] Cass. sent. n. 17257 del 12.07.2013. Il precedente richiama integralmente la sentenza della Cass. Sez. Un. n. 14828/12.
[2] Come detto, nel caso di specie si trattava di una extrapetizione.
[3] Nel caso di specie era stato violato il Testo Unico bancario e il principio di buona fede contrattuale.
[4] C. Giust. U.E., sent. 4 giugno 2009 causa C-243/08 e 6 settembre 2009 in causa C-40-08.


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